Tracce n.1, Gennaio 2024

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Le due mele in copertina sono state dipinte da Giovanni Testori, dal suo sguardo amante della realtà, sempre, comunque, che arriva a scolpire anche un frammento così quotidiano nel suo esserci vitale, malinconico. Segno di altro. Come scrisse Rilke delle mele dipinte da Cézanne, «indistruttibili nella loro ostinata presenza».
Non c’è nulla di più efficace che seguire lo sguardo di un altro per tornare a vedere. Soprattutto per vedere ciò che si ha davanti. «L’uomo contemporaneo non sembra più in grado di percepire la profondità della realtà che i nostri occhi vedono e toccano, si tratti di un fiore o di un volto umano». In queste parole di Joseph Ratzinger è riassunta la provocazione da cui prende le mosse la lezione di don Paolo Prosperi alla Convivenza dei giovani di CL ad Assisi, di cui trovate un’anticipazione in apertura del numero e il libretto integrale su clonline.org: «La malattia che più affligge l’uomo d’oggi (e quindi anche noi!) non è una malattia della volontà, bensì degli occhi».
Le testimonianze del Primo Piano vogliono raccontare come lo sguardo può cambiare, come cambia in un cammino che nasce dallo stupore per l’incontro con Cristo. Dice don Giussani: «Tutta la gente che mi ha domandato in questi anni: “Cosa vuol dire il centuplo quaggiù?” non aveva capito che l’eterno è il compimento di un sentimento di quaggiù (…). Dove l’eterno può essere esperienza dell’aldiqua? Nel come ti fa vedere tuo padre, come ti fa vedere tua madre, come ti fa vedere la donna che ami, come ti fa veder l’uomo che ami!».

Nel giro di calendario di un nuovo anno, nei bilanci, nell’incognita di ciò che accadrà, la fragilità e l’impotenza che si avvertono sono l’insopprimibile attesa di qualcosa che ci liberi. Il tempo può scorrere e perdersi, oppure un istante può essere eterno, quando si torna a vedere le cose, anche quelle solite, nella loro profondità, sentendo un debito di vita.
Alle spalle si chiude un anno attraversato da fatti dolorosissimi, confusione, violenza, fino alla fotografia impietosa del Censis che ha definito la nostra una società di “sonnambuli”. Al di là degli slogan, la questione è che ci sia una fede in grado di risvegliare ciò che è assopito. Che ridia gli occhi per cogliere, come dice Silvio Cattarina, fondatore della comunità L’Imprevisto, quell’«infinito desiderio» che non si vede più ma che continua a esserci, è solo «camuffato, coperto, temuto». Perché fa paura. Fino a quando – come racconta Andrea Falesi, appassionato di Dante che si è interessato di nuovo del cristianesimo dopo averlo rifiutato per una vita – non accade di scorgere, a qualsiasi età, il divino. «Sono stato avvistato», dice.
Non c’è nulla di più semplice che essere guardati per tornare a vedere.