(Foto Servizio per la Promozione del Sostegno economico alla Chiesa cattolica)

Come si sostiene la Chiesa

Quarant’anni fa nasceva l’8xmille. Massimo Monzio Compagnoni, responsabile del Servizio per la Promozione del Sostegno economico alla Chiesa cattolica, racconta storia e frutti di un gesto che ancora oggi raggiunge migliaia di persone
Maria Acqua Simi

Ogni anno i cittadini italiani possono contribuire a scegliere se destinare una quota del gettito Irpef alla Chiesa cattolica. Il 18 febbraio 1984 venne firmata la revisione del Concordato tra Chiesa cattolica e Stato italiano e il 20 maggio dell’anno successivo l’8xmille diventava legge. Uno dei protagonisti di quell’epoca fu il cardinal Attilio Nicora, presidente per parte ecclesiastica della Commissione Paritetica italo-vaticana incaricata della revisione concordataria. Fu lui a spiegare il significato di questo strumento con una chiarezza rara: «La Chiesa non è un pezzettino di esperienza che io vivo, non è quella piccola povera garanzia, che mi viene assicurata, di una parola buona in un momento di consolazione, in un episodio di infervoramento spirituale, di accompagnamento nei momenti dolorosi della vita... È anche questo! Ma la Chiesa è innanzitutto questa grande realtà, questa grande avventura da vivere insieme, è questa dimensione che va oltre me stesso... Allora, mi è istintivo interessarmi di tutto, sentirmi compartecipe di ogni necessità, di ogni bisogno. Si potrebbe dire che la verifica concreta dell’autenticità di uno spirito di comunione e di corresponsabilità è la disponibilità che uno ha di mettersi a tal punto dentro da mettere insieme anche la questione delle risorse, dei mezzi economici, delle necessità che la Chiesa ha di sostenersi per vivere e per esercitare la propria missione».
Da allora a oggi l’8xmille è stato questo e i frutti sono molti e tangibili, anche se negli ultimi anni è stato registrato un significativo calo nelle firme. Ne abbiamo parlato con Massimo Monzio Compagnoni, responsabile del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica.

Anche quest’anno tutti gli italiani sono chiamati, con l’8xmille, a fare una scelta. Perché è importante la firma di ciascuno?
Le parole del cardinale Nicora ci portano all’essenziale: la Chiesa non è una onlus o un’azienda, ma una famiglia. Al centro c’è l’esperienza di essere figli di Dio, dunque fratelli. In una famiglia si è corresponsabili del bene di tutti, si partecipa delle necessità di ciascuno, ci si aiuta. Dobbiamo recuperare il senso di una Chiesa che è madre, che è casa. C’è un grande bisogno di ricordare che l’8xmille non è una tassa, ma un gesto gratuito: ognuno di noi ha la responsabilità di condividere e sostenere i valori spirituali e materiali della comunità cristiana. Oltre che rispondere alle necessità immediate della Chiesa, è infatti l’occasione di partecipare concretamente alla missione evangelica, sociale e caritativa che sempre papa Francesco richiama. Così una firma si trasforma in un gesto di comunione e testimonianza. La Chiesa nella sua missione dipende dalla propria comunità, dal popolo.

(Foto Servizio per la Promozione del Sostegno economico alla Chiesa cattolica)

Forse non si conosce o si è dimenticato a cosa serve l’8xmille, anche se le ultime campagne mediatiche hanno contribuito a farne riscoprire il valore. Come vengono utilizzati i fondi raccolti?
Prima di tutto voglio ricordare che è un gesto che non ha alcun costo per il singolo, ma può valere tanto per le tantissime situazioni di emarginazione e fragilità che ci sono in Italia, e non solo. I fondi vengono utilizzati nel sostegno alle attività delle parrocchie, dei centri di ascolto, dei doposcuola, dei dormitori, dei servizi solidali e di welfare. L’8xmille aiuta inoltre le comunità parrocchiali nell’attività di custodia del patrimonio artistico e nel restauro o nell’edificazione delle chiese e contribuisce al supporto degli oltre 32.000 sacerdoti diocesani presenti dentro e fuori il territorio nazionale.

Quanto vale l’8xmille?
Vale un miliardo di euro all’anno spesi in progetti di carità, sostegno economico dei sacerdoti, manutenzione di chiese e oratori, esigenze di culto e pastorale, interventi caritativi in Paesi in via di sviluppo. Entrando nel dettaglio: 240 milioni vengono destinati alla carità esercitata tramite le Diocesi e la Caritas, di cui 80 milioni sono destinati a sostenere missioni e opere in Paesi in via di sviluppo. In ambito caritativo abbiamo all’attivo quasi 5000 interventi a livello diocesano con progetti di sostegno alle famiglie disagiate, alle categorie fragili, alle persone senza fissa dimora, ai minori in difficoltà o agli anziani. Gli esempi sono tantissimi.

(Foto Servizio per la Promozione del Sostegno economico alla Chiesa cattolica)

Ce ne racconti qualcuno.
A me piace ricordare il poliambulatorio di Santhià di Vercelli, dove medici in pensione effettuano visite specialistiche agli anziani, mentre un team di volontari li aiutano negli spostamenti. Il poliambulatorio è gratuito ed è un modo per rispondere a un bisogno concretissimo: evitare i lunghi tempi di attesa alle persone che non sono in grado economicamente di accedere alla sanità privata. A Salerno, invece, c’è un dormitorio che accoglie ospiti in condizione cronica di disagio abitativo, accompagnandoli in un percorso di reinserimento sociale e lavorativo. A Cassano all’Ionio la Caritas sostiene un centro per minori che vengono aiutati - insieme alle loro famiglie - nello studio e nel supporto psicologico e medico. A Roccella Ionica, invece, è attivo un servizio di accoglienza per i migranti recuperati in mare, a cui vengono forniti pasti caldi, vestiti, coperte e cure mediche ed avviato un percorso d’integrazione sociale. Fuori dai confini nazionali, penso a una residenza per studenti in Sri Lanka, nata per sfidare il limitato accesso all’istruzione, o all’ospedale di Tosamaganga, in Tanzania, che si prende cura delle mamme e dei neonati fin dai primi attimi di vita. Ogni anno sono oltre 8mila i progetti che vengono rinnovati e attivati grazie all’8xmille. Un’altra parte dei fondi versati viene destinata al restauro e mantenimento di chiese e oratori, mentre 400 milioni sono versati a sostegno dei sacerdoti delle Diocesi italiane e dei preti diocesani in missione all’estero. Del resto l’8xmille era nato proprio con questo scopo.

Sul tema “stipendio ai sacerdoti” a volte c’è un po’ di confusione, su come si mantengano. C’è chi pensa la Chiesa abbia risorse infinite…
Grazie per la domanda schietta. No, non è così. Un sacerdote appena ordinato guadagna poco più di 900 euri netti al mese, un Vescovo a fine mandato ne guadagna 1.500 per 12 mensilità. Non sono cifre da capogiro se si pensa che sono persone costantemente attive sul territorio, a fianco della gente. I nostri sacerdoti seguono le parrocchie, gli oratori, le opere di carità, alcuni sono in missione nei Paesi più poveri, altri invece dopo una vita spesa per Cristo si ritrovano anziani, spesso malati e bisognosi di assistenza. Si dice che la Chiesa sia ricca e i sacerdoti vengano pagati dal Vaticano: non è vero. La Chiesa italiana vive di quello che raccoglie ogni anno e le rendite che arrivano dai beni ecclesiastici coprono solo il 6% del fabbisogno dei preti. I sacerdoti dipendono da questo ed è responsabilità di ogni fedele partecipare al loro sostentamento.

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A proposito di numeri: in questi anni c’è stato un calo delle adesioni all’8xmille. Cos’è successo?
Vent’anni fa il 90% dei firmatari dell’8xmille sceglieva la Chiesa cattolica, oggi questa percentuale è scesa sotto il 70%. Diversi i fattori che hanno influito. Il primo è stato la pandemia, un altro l’introduzione per chi firma per lo Stato della possibilità di destinare l’8xmille ad aree di intervento come: l’edilizia scolastica o al sostegno di associazioni che operano contro la dipendenza dal gioco, dall’alcol e dalle droghe. Un terzo fattore è relativo ai pensionati o a coloro che non dovendo più compilare la dichiarazione dei redditi pensano di non poter più firmare per l’8xmille. Invece, anche chi è esonerato dalla dichiarazione dei redditi può scegliere a chi destinare l’8xmille, che – ripeto – non è una tassa in più! Quest’anno sarà possibile firmare fino al 15 ottobre. Farlo significa poter decidere dove andranno quei fondi ed è bellissimo sapere che la firma di un pensionato vale tanto quella del più ricco imprenditore.