Urbano VIII, ritratto di Pietro da Cortona.

URBANO VIII La consacrazione della Basilica di San Pietro

Maffeo Barberini, pontefice fiorentino durante la Guerra dei Trent'anni e il processo a Galileo Galilei. Plasmò la sua azione secondo i decreti tridentini. E il suo amore del fasto si rivelò la chiave di importanti opere in tutta Roma
Eugenio Russomanno

Una lagnanza del cardinale Roberto Bellarmino ci introduce allo stato della Chiesa di quel tempo: «Mi pare che, avendosi a creare un vicario di Dio, non si procuri di eleggere persona che sappia la volontà di Dio, cioè sia versata nelle Scritture Sante, ma solo che sappia la volontà di Giustiniano e di simili autori. Si va cercando un principe temporale, non un santo vescovo, che si occupi davvero della salute delle anime».

In un tale contesto dovette muoversi accortamente Maffeo Barberini, eletto papa nel 1623 con il nome di Urbano VIII. Nacque a Firenze nel 1568 da una ricca famiglia di commercianti e ben presto intraprese la carriera ecclesiastica, con ottimi risultati. Così lo descrive il Grande Dizionario Illustrato dei Papi: «Di carattere autoritario, profondamente consapevole della responsabilità della sua alta carica (era un sostenitore convinto della suprema autorità della Chiesa), Urbano si occupò personalmente degli affari della chiesa e raramente li discusse con i cardinali. … Da esperto conoscitore della letteratura e proprietario di una splendida biblioteca, compose e pubblicò versi latini ben costruiti (soprannominato perciò ape attica, dall’ape presente nello stemma di famiglia), … Fu un imprudente nepotista: diede la porpora cardinalizia a un fratello e a due nipoti, favorendo anche altri fratelli e arricchendo tutti i familiari in modo talmente esagerato che da vecchio, in preda ai rimorsi, consultò alcuni teologi riguardo all’uso che aveva fatto delle rendite papali».

Dal punto di vista politico, nella sua azione, che coincise con la Guerra dei Trent’anni (1618-1648), il papa si sforzò di mantenere una posizione neutrale tra i contendenti, consapevole che il suo ruolo di padre comune della Cristianità lo impegnava a intervenire per il ristabilimento della pace. Di fatto e nei fatti, però, espresse tutta la sua simpatia per la Francia, mentre per quanto riguarda l’Italia, riuscì ad annettere allo Stato pontificio il Ducato di Urbino (1631).

Dal punto di vista religioso, modellò la sua azione secondo i decreti tridentini e mise in atto molte e importanti iniziative: impose ai cardinali (ai quali diede titolo di “eminenza”) e ai vescovi l’obbligo di residenza, riformò il clero regolare e secolare e i seminari, potenziò l’Inquisizione, partecipò personalmente alla revisione del breviario (1631), nel 1625 stabilì e poi confermò nel 1634 le procedure canoniche per le beatificazioni e le canonizzazioni (nell’Anno Giubilare del 1625 si ebbero la canonizzazione di Andrea Avellino e le beatificazioni di Giacomo della Marca, Francesco Borgia, Elisabetta del Portogallo, Felice da Cantalice), diede stesura finale alla bolla In coena Domini che veniva letta il Giovedì Santo, diede grande sostegno alle missioni, in particolare inviando missionari nell’Estremo Oriente, approvò nuovi ordini religiosi; sotto il suo pontificato Giovanni Bollando iniziò la monumentale opera dei Bollandisti, gli Acta Sanctorum.

Da Urbano VIII e dal Sanctum Officium, Galileo Galilei (1564-1642) fu condannato per la seconda volta e costretto, il 22 giugno 1633, ad abiurare le sue convinzioni scientifiche. Nella bolla In eminenti (1642) venne censurato lo Augustinus di Cornelio Giansenio (1585-1638) e condannato così il giansenismo.
Per quanto riguarda Roma, città del papa, Urbano fu uomo amante del fasto (siamo in epoca barocca) e ottimo mecenate, per cui sotto il suo pontificato la città fu abbellita di importanti opere: per esempio, egli il 18 novembre 1626 consacrò la nuova Basilica di San Pietro, si preoccupò della sicurezza della città e dello stato pontificio, costruì Castelfranco a nord di Roma, fortificò il porto di Civitavecchia, rinforzò Castel Sant’Angelo, scelse come residenza estiva del papa Castel Gandolfo.
Morì a Roma il 29 luglio del 1644.