Il film "Les Misérables"

Ragazzi in scena con la vita

Un gruppo di giessini e uno spettacolo teatrale scritto da loro. Un percorso tra le storie del centurione Longino, di Jean Valjean e di padre Ibrahim di Aleppo, fino al proprio quotidiano: «Dove posso incontrare Gesù oggi?»
Gianni Mereghetti

Domenica scorsa, ad Abbiategrasso, nella chiesa di San Bernardino, i ragazzi e le ragazze di GS, hanno proposto una rappresentazione teatrale in preparazione Pasqua. La partecipazione è stata superiore ad ogni attesa: la chiesa era quanto mai affollata e sul volto dei presenti si leggeva grande attenzione.

Ciò che ha spinto a pensare e scrivere questa rappresentazione è stata l'esperienza che i ragazzi e le ragazze fanno, e in particolare una domanda sempre più incalzante: «Se Cristo è risorto oggi, dove lo si può incontrare?». Ma questa è la domanda di tutti quelli che vogliono prendere sul serio il desiderio del loro cuore: se non ci fosse risposta, che senso avrebbe il vivere?
Così, non sono partiti da un testo per recitarlo, ma hanno deciso di scriverlo loro, raccogliendo i diversi tratti della loro vita e della loro ricerca quotidiana. Ne è uscito un lavoro fresco, vivo e quanto mai legato all'esperienza, in cui hanno espresso quello che cercano dentro la le loro giornate.

La rappresentazione ad Abbiategrasso

Punto di partenza, un passaggio del libro di Louis de Wohl, La lancia di Longino, quando Cassio Longino, il centurione ai piedi della croce di Gesù, si chiede se vi sia speranza anche per lui che ha inferto il colpo decisivo con la sua lancia. La domanda che i ragazzi pongono è se Cristo sia veramente risorto e, siccome i Vangeli lo documentano, dove oggi lo possano trovare. Da lì inizia un percorso per andare a scoprire dove sia la vita nuova che Lui ha portato e porta. In questa direzione viene letto un brano dei Miserabili di Victor Hugo dove la misericordia di Dio raggiunge Jean Valjean e lo perdona. Na neanche questo sembra essere sufficiente per credere, per cui vengono letti brani di detenuti raggiunti in carcere dallo sguardo amorevole di Dio e, in seguito, viene proiettato un video di padre Ibrahim, parroco ad Aleppo, in Siria, che testimonia come anche nella sua città distrutta dalla guerra possa fiorire la vita.

Questi esempi, pur eccezionali, non bastano ancora: un ragazzo vuole vedere Cristo risorto dentro la sua vita. Inizia così l'ultima parte della rappresentazione in cui i ragazzi raccontano della vita nuova generata dalla presenza di Gesù in mezzo a loro. È di fronte alla semplicità quotidiano cambiato che scatta il «vieni e vedi» con cui Cristo si rivolge anche a chi incontra oggi, proprio nello stesso modo con cui si era rivolto ai primi.

Questo è convincente: che vi siano persone toccate e cambiate oggi dalla sua tenerezza è il motivo sufficiente per iniziare una nuova avventura che ha come pegno la felicità.

Ciò che ha reso affascinante questa rappresentazione è che chi l’ha messa in scena ha trovato forza comunicativa nel fatto che la ricerca del Risorto non è un testo letterario, ma riguarda pienamente la vita oggi. Stanno in questo il fascino e la genialità del lavoro teatrale che i giessini di Abbiategrasso hanno fatto davanti ad un pubblico attratto e coinvolto: i protagonisti sono stati loro perché lo sono della vita e il testo che hanno intessuto rispecchia il loro impegno con essa.

Un modo intelligente di iniziare la settimana santa, con una sfida a seguire il cammino drammatico di Cristo passo dopo passo, riscoprendo che dentro quel cammino vi è il proprio.

Una di loro, Sofia, lo testimonia in modo chiaro, raccontando come in lei questa esperienza non sia rimasta a livello estetico, ma pian piano abbia provocato la sua stessa vita: «Se quando mi è stato proposto di recitare non ero per niente convinta, oggi posso dire finalmente di esserlo. Non ero entusiasta di aver aderito allo spettacolo, ma più il lavoro con Giulia, con cui ho curato la regia, prendeva forma e si arricchiva, più io mi rendevo conto di aver preso la giusta decisione. Domenica sera mi sono veramente goduta tutto. Ed è stato proprio durante la rappresentazione, tra un po' di ansia e la felicità, che ho scoperto quanto veramente io tenga a questa amicizia. Non me ne sono accorta immediatamente, ma quando ho sentito il desiderio di rifare altre mille volte questa esperienza. Per essere felici questo desiderio deve sempre rimanere acceso».

È stato evidente a tutti che in scena vi era qualcosa che veniva prima, una amicizia vera, cresciuta ancora di più nel lavoro fatto. Come raccontano anche gli adulti che hanno seguito i ragazzi di GS. Clara, per esempio che li ha accompagnati con la tastiera: «Se l’esperienza di Cristo come “amore” e “perdono” si rende necessaria per accogliere il fratello e andare oltre il peccato, io l'ho vissuta con voi: una accoglienza del mio essere così come sono. I vostri volti, il vostro affetto, la vostra energia mi hanno fatto comprendere che Gesù è sempre in noi, con noi e in mezzo a noi, dovunque e qualunque cosa io faccia».

E poi Giulia, anima dello spettacolo: «Mettere in scena quel testo con i ragazzi è stata un’avventura. Non riesci mai a fare quello che avevi previsto. Ti crei uno schema e cerchi di seguirlo, ma loro lo stravolgono sempre, nei tempi e nelle modalità. A volte è faticoso, ti fa sempre rimettere in discussione. Eppure, ogni volta che ci siamo trovati a fare le prove, rivedevo le loro facce sempre allegre e capivo che quello che stavo facendo non era, in fondo, fatto da me. Ero solo “presa” in questa cosa. Ed è stato un vero regalo!».