Pino Polisca.

La «luce imprevista» della Misericordia

La nuova installazione, al Museo diocesano di Padova, dell'artista urbinate. Incisioni e giochi di specchi sono i protagonisti di "Sguardi", la mostra che, a ridosso della chiusura dell’Anno Santo, fa riflettere su ciò che presumevamo già di conoscere
Giuseppe Frangi

Quanto è potenzialmente largo e profondo ogni nostro sguardo? Quante cose abbraccia senza che noi ce ne rendiamo conto? E quanti fattori imprevisti contiene, anche nelle situazioni più scontate? Lo sguardo è l'esperienza da cui si genera ogni esperienza artistica, e non solo nelle arti visive. Ne deriva che "riflettere sullo sguardo" - il gioco di parole, come vedremo, è molto pertinente - è come un andare alla radice, è un guardare dentro la fonte da cui si origina l'intuizione poetica.

Pino Polisca, artista marchigiano con una lunga storia alle spalle, al Museo diocesano di Padova ha voluto affrontare di petto questo tema. Non ci ha girato attorno e non ha cercato discorsi preliminari. All’ingresso del Museo ha realizzato un’installazione, allestita sulla lunga parete che ci si trova di fronte appena entrati. La struttura è semplice: un lungo tubo di ferro attaccato al muro a far da legante. Sopra il tubo sono montati insiemi di tre elementi, replicati quattro volte. I tre elementi sono uno specchio, una scatola di legno con due fori e una fotografia.

Cominciamo dallo specchio, che in realtà è anche usato come matrice di un’incisione: Polisca lo ha lavorato sul retro, incidendo la superficie opaca che viene perforata dalla luce di un led. Specchiandoci, quindi, vediamo i nostri occhi in azione, i nostri occhi che guardano; ma nello stesso tempo incrociamo con lo sguardo l’apparire da dietro lo specchio di un imprevisto, un segno luminoso (Polisca usa luci di diversi colori) che rimanda ad un orizzonte inimmaginabile.






















Il secondo elemento è una fotografia di occhi che, essendo puntati su di noi, sono "occhi che ci guardano": come a ricordare che il nostro destino è quello di essere creature su cui si è posato uno sguardo.

Il terzo elemento sono delle scatole, in realtà dei view master: grazie a dei giochi di specchi e di luci, attraverso i fori noi vediamo quei piccoli spazi dilatarsi in prospettive infinite, cariche di suggestione. Visioni nelle quali ci si può perdere, come ad evocare la vastità di orizzonte che ogni sguardo contiene. Alla fine, il tubo di ferro si apre a canna d’organo e in quel punto sulla parete il visitatore trova un filmato, rigorosamente dentro il tema: occhi ripresi in close up, mentre si chiudono lentamente, come esplorati nel loro mistero.























Il percorso che Pino Polisca propone, con fotografie di Massimo Quattrucci e video di Antonio Naia è quindi affascinante e coerente. Nella lavorazione degli specchi, in particolare, aggiorna la sua lunga e straordinaria esperienza di incisore, trovando un medium che garantisce ciò che è negato alle lastre di zinco o di rame: il segno produce un riflesso di splendore. Si può dire, infatti, che lo specchio venga, in un certo senso, inchiostrato di luce.

Polisca ha immaginato questo suo lavoro in relazione all'Anno Santo dedicato alla Misericordia. Non si tratta di una relazione evidentemente letterale in quanto non ci sono richiami espliciti, né con parole né con immagini. Tutto è affidato alla libertà del visitatore di cogliere nell’opera indizi suggestivi che come un rebus vengono a comporre una comprensione più profonda di cosa sia Misericordia: luce imprevista che attrae a sé e riempie il nostro sguardo. Sguardo posato su di noi, aldilà dei nostri meriti.

D’altra parte questo è il senso e il compito dell’arte: darci un punto di vista sorprendente che scavalca ciò che presumevamo già di conoscere e sapere.

Pino Polisca
"Sguardi"
Museo diocesano di Padova
Dal 5 novembre al 26 dicembre 2016