La presentazione de "La bellezza disarmata" a Forlì.

Per chi non si arrende al nichilismo

Continua il tour delle presentazioni de "La bellezza disarmata". Mercoledì sera è stata la volta della città romagnola. Sul palco del Teatro Fabbri, di fronte a mille persone, c'erano, con l'autore, Gianni Riotta e Fausto Bertinotti
Daniela Tedioli

Oltre mille persone ad ascoltare Julián Carrón e Fausto Bertinotti presentare il libro La bellezza disarmata. È successo il 28 settembre, a Forlì, moderatore Gianni Riotta, editorialista de La Stampa, nel Teatro Diego Fabbri, insieme ad autorità politiche, economiche e religiose.

La guida di Comunione e Liberazione e uno dei politici che nel nostro Paese hanno fatto la storia della sinistra sono stati invitati da Monica Fantini, vicepresidente della Fondazione Carisp Forlì e dal centro culturale "La bottega dell'orefice", inserendo l'incontro nella rassegna culturale “Settimana del Buon Vivere”.

Come spesso accade per le cose importanti, anche questo evento è nato da un incontro imprevisto. Avvenuto, in questo caso, qualche mese fa tra Monica Fantini e Valerio Girani, responsabile diocesano di CL, presentati dall’amico comune Marco Maltoni, direttore dell’Hospice di Forlimpopoli. L’occasione era regalarle proprio il libro di Carrón. Ne è nato un dialogo tra “buon vivere” e “bellezza disarmata”. Da lì l’idea del confronto pubblico con l’autore. È la prova che la fede risulta interessante per tutti.

Al Teatro i 750 posti sono stati subito riempiti. Come pure i 320 al San Giacomo, collegato in streaming.

«Due posizioni non ostili, ma diverse», dichiara Riotta nell’introdurre i due protagonisti. Perché Carrón ha scritto La bellezza disarmata? «È il tentativo di verificare se la fede è in grado di resistere alle sfide della vita. Da più parti mi veniva detto che il cristianesimo era utile quando l’uomo era meno distrutto. Invece è ancora utile, lo tocco con mano tutti i giorni». Racconta l’esperienza di Rose Busingye, responsabile di CL in Uganda, tra le donne malate di Aids. Non prendevano le medicine perché non gli interessava più vivere. Nel rapporto con lei, appassionata alla vita perché ridestata da Cristo, hanno incominciato a curarsi.

Bertinotti definisce il libro una lettura drammatica del mondo di oggi, avvolto nel nichilismo: «Ma don Carrón scorge le tracce di un possibile percorso di resurrezione, come quel luogo dove a Milano si aiutano i migranti». Per Bertinotti la politica ha abbandonato il popolo e si è aperto un varco dove la persona ha valore se produce, altrimenti è scarto, come lo definisce il Papa. La via è tornare ad associarsi.



















Il dialogo procede e tocca le figure degli ultimi due Pontefici, che Carrón vede non in contrapposizione, ma in continuità: Benedetto XVI ha descritto con tratti precisi il cambiamento d’epoca e papa Francesco risponde a questa situazione con gesti comprensibili a tutti. «Cosa deve fare la Chiesa?», incalza Riotta. «La Chiesa deve essere se stessa – afferma Carrón –, il cristianesimo è l’incontro con una diversità umana».

Siamo abituati a vedere gli opposti aggredirsi, qui accade il contrario. Perché il dialogo, ricorda Bertinotti, si fa «non in assenza di fedi, ma in loro presenza». Una delle cose che hanno alimentato la sua curiosità verso CL è «la costruzione di popolo. C’è la capacità di dono e relazione che avevo visto nel mondo del movimento operaio della mia militanza».

Il moderatore insiste: «E perché la sinistra ci ha messo tanto a vedere questo senso di comunità in CL?». «Perché allora – risponde Bertinotti - guardavamo la religione in rapporto alla politica e non alla vita, alla fede» come invece è stato detto stasera. Apre una parentesi personale: «Da studente ho incontrato Gioventù Studentesca, ragazzi che entravano nel dibattito con un punto per noi estraneo, la testimonianza della croce e della resurrezione! Mi chiedevo cosa c’entrasse con il Vietnam e questa era una prima resistenza». Per Bertinotti ci sono stati poi alcuni rapporti di CL con politica e potere di quel periodo che possono essere rivisitati, ma «questo nulla toglie al dialogo tra coloro che non si arrendono al nichilismo».

Qui c'è tutto del suo "strano" incontro con Carrón. E lo si capisce quando osserva che, mentre negli anni della sua militanza il rapporto tra marxisti e cattolici era impostato solo in relazione alla politica, ora è diverso, perché la persona è al centro. È evidente come l'incontro con Carrón abbia segnato una discontinuità, qualcosa di diverso e nuovo per Bertinotti.

Ma di fronte a questa crisi c’è speranza? Abbiamo un patrimonio da riscoprire, conclude Carrón, e porta come esempio un ragazzo in un centro di accoglienza che si commuove perché fatto oggetto di stima e attenzione: «Per rivolgersi all’altro, affermando la sua dignità, occorre che il Verbo si sia fatto carne. Non sarebbe successo senza il cristianesimo». Abbiamo ridotto questo sguardo entrato nella storia a "buone maniere". La speranza è recuperare ciò che abbiamo ricevuto.