La presentazione de "La bellezza disarmata" ad Ancona.

Una presenza che toglie la paura

Tappa nel capoluogo marchigiano per la presentazione del libro di Julián Carrón. Con lui, all'Università Politecnica delle Marche, c'erano il cardinale Edoardo Menichelli, il rettore Sauro Longhi e Pietro Marcolini, professore all'Università di Urbino
Nicola Campagnoli

Alle 18,30, nell’aula magna dell’Università Politecnica delle Marche e nelle altre aule collegate, c’erano solo posti in piedi. Quasi millecinquecento persone hanno partecipato alla presentazione de La bellezza disarmata. Carla Silenzi, responsabile del movimento ad Ancona, ha introdotto sottolineando come la gente stia vivendo quel crollo delle evidenze che don Giussani aveva già visto negli anni Cinquanta, quando sembrava che i valori e la tradizione cristiana fossero forti e stabili. Quello che don Giussani aveva chiamato “effetto Chernobyl” è una realtà visibile oggi. Dopo i saluti, il sindaco della città dorica, Valeria Mancinelli, ha sottolineato le due cose che ha sentito più sue: l’emergenza educativa e il fatto che l’avvenimento cristiano va sempre rivissuto, senza dare per scontato nulla. Che una trasmissione di valori avvenga attraverso l’esperienza sembra un’ovvietà, ma non è così. Ha ricordato che i suoi veri maestri sono stati i genitori, perché vivevano quotidianamente quello che dicevano. Ha concluso chiedendo a Carrón cosa intendesse nel libro per «realtà totale».

Sauro Longhi, ingegnere e rettore dell'Università Politecnica delle Marche, ha ripreso la questione educativa. «I tempi di oggi che definiamo negativi, sono i tempi dei ragazzi», ha affermato: «Per loro non c’è un confronto col passato. Per loro questi sono i tempi migliori. Occorre avvicinarsi cercando di cogliere cosa desiderano, cosa cercano. È importante educare la libertà. Cosa c’è di più importante della libertà? Io non vedo un momento critico. Vedo un’opportunità». Si è commosso poi davanti a una slide con la foto di alcuni migranti: «Anche le migrazioni sono un’occasione. La società ha bisogno di incontrare altre persone, altre culture. Perché queste persone vogliono raggiungere le nostre terre? Non è un problema. È un’opportunità. I migranti vogliono crescere, vogliono conoscere, hanno un desiderio fortissimo che li spinge. Ci testimoniano questo desiderio». L’educatore deve valorizzare l’espressione di questo desiderio. Ma cosa aiuta a percorrere questa strada?

Carrón ha voluto rispondere immediatamente. Ed è partito da un fatto: una visita al planetario con i suoi studenti, anni fa. «Mi hanno riempito di domande: chi ha fatto questo? Siamo padroni di questo? Non erano domande “quantitative”, ma sulla totalità. La presenza della realtà apre in noi domande che non si possono esaurire solo con dati quantitativi. Quando mi trovo davanti a queste domande, posso offrire qualche risposta che sia all’altezza della domanda? I ragazzi vogliono sapere tutto: questa è la domanda umana». Quando una ragazza riceve dei fiori, ha continuato Carrón, non sarebbe umano per lei fermarsi alla constatazione del dato. E quindi: «I fiori sono segno di un tu che mi ama e che vuol farmi sapere quanto la mia vita sia preziosa. Se ci si fermasse a dire all’affermazione: “Esiste solo quello che tocco”, bloccheremmo quel rimando che c’è nel reale. Non si può evitare la domanda che sorge dalla realtà. Molti mi dicono: “Sei sicuro di quello che ci dici su Dio”. Ma io non parto mai da Dio, bensì dalla realtà». Rispetto alle grandi questioni “libertà” e “desiderio”, Carrón ha sottolineato che non basta avere la libertà, se poi uno ha paura a usarla. C’è bisogno di qualcosa che tolga la paura di rischiare. Noi adulti siamo in grado di offrire ai ragazzi qualcosa per cui valga la pena muoversi, impegnarsi? Spesso siamo scettici e non offriamo questo aiuto. Ci vuole un motivo adeguato per impegnare la libertà.

Pietro Marcolini, docente di Economia Politica e Sanitaria all'Università di Urbino, ha visto nel libro un nuovo inizio, un ritorno all’origine del movimento. Le posizioni di Carrón non sono un cedimento sui valori non negoziabili, ma una disponibilità al dialogo che produce una novità. Non è strategia, ma un confronto che fa guardare al senso della vita, alle questioni fondamentali. «La cittadella fortificata, la verità difesa, è stata abbandonata per la libertà. Questo consente a uno come me che non ha la fede di incontrarci». Carrón è ripartito da qui: «Niente cittadella fortificata. La bellezza non ha bisogno di alcun tipo di mura. Ma noi crediamo alla bellezza originale della fede? Noi dobbiamo partire dall’esperienza di bellezza della fede e basta. Spesso siamo caduti nel pericolo di cercare scorciatoie che ci facessero raggiungere prima gli obiettivi. Noi crediamo che questa attrattiva è sufficientemente potente? Che non è necessario altro che renda più appetibile la nostra presenza? In fondo, il metodo di Dio ci sembra spesso un po' fallimentare. Ma il Papa crede al metodo di Dio. Lo abbiamo visto nella questione cubana, nell’incontro con il patriarca di Mosca Kirill. Quindi non è così fallimentare».

Il cardinale Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona-Osimo, ha esordito dicendo: «Il libro non è di parte». Ha proseguito spiegando che «ci vedo quasi una laicità. La laicità non è proprietà di nessuno, solo di uomini e donne intelligenti. Il primo laico è proprio Gesù Cristo. È un libro che non dà soluzioni, bensì suscita problematiche». Ha poi aggiunto che il testo testimonia uno «sguardo amoroso». Con questo sguardo è possibile dare alla realtà un credito buono, riscoprendo il mistero che la rende positiva. Pur dentro la crisi.

Riagganciandosi proprio dall’espressione «sguardo amoroso», Carrón ha precisato: «Non riesco ad averne un altro. È frutto di un cammino che ho dovuto fare. Ho cominciato a percepire come occasione le circostanze che mi capitavano. Ancora di più in questi ultimi anni, nella guida del movimento. La vita ha bisogno di provocazioni perché sia vita. Tutto quello che avviene è amico, perché è, appunto, una provocazione al cammino. Desta delle domande e a me ha costretto a riflettere. Queste domande mi sollecitavano a intercettare le risposte. Ma uno sguardo così sarebbe impossibile per me senza l’avvenimento di Cristo. Sarei stato da solo, come un bambino abbandonato in un luna park. Avrei guardato tutto solo tramite la mia ferita e la mia paura. Cristo è venuto per darci la possibilità di entrare nella mischia. Per gustare il reale. Perché sia positiva anche la crisi occorre qualcosa che ti dia certezza. Il pacchetto di “verità” non toglie la paura. Ciò che toglie la paura è una presenza».