La speranza in un abbraccio

L'attesa per la visita di papa Francesco a Milano. Con l'augurio, come per l'Innominato di Manzoni davanti al cardinale Federigo, di poter fare un'esperienza di Misericordia. Lettera della guida di CL al Corriere della Sera (1 marzo 2017)
Julián Carrón*

Caro direttore, pensando alla visita di papa Francesco a Milano, mi è tornata alla mente una pagina a cui sono molto affezionato e che i lettori del Corriere conosceranno bene; essa mi sembra descrivere il sentimento di tanti in queste settimane: un’attesa piena di curiosità.

«Al chiarore che pure andava a poco a poco crescendo, si distingueva, nella strada in fondo alla valle, gente che passava, altra che usciva dalle case, e s’avviava, tutti dalla stessa parte, verso lo sbocco, a destra del castello, tutti col vestito delle feste, e con un’alacrità straordinaria. - Che diavolo hanno costoro? (...) Il signore rimase appoggiato alla finestra, tutto intento al mobile spettacolo. Erano uomini, donne, fanciulli, a brigate, a coppie, soli; uno, raggiungendo chi gli era avanti, s’accompagnava con lui; un altro, uscendo di casa, s’univa col primo che rintoppasse; e andavano insieme, come amici a un viaggio convenuto. Gli atti indicavano manifestamente una fretta e una gioia comune. (...) Guardava, guardava; e gli cresceva in cuore una più che curiosità di saper cosa mai potesse comunicare un trasporto uguale a tanta gente diversa. Poco dopo, il bravo venne a riferire che, il giorno avanti, il cardinale Federigo Borromeo, arcivescovo di Milano, era arrivato. (...) Il signore, rimasto solo, continuò a guardar nella valle, ancor più pensieroso. - Per un uomo! Tutti premurosi, tutti allegri, per vedere un uomo! E però ognuno di costoro avrà il suo diavolo che lo tormenti. Ma nessuno, nessuno n’avrà uno come il mio; nessuno avrà passata una notte come la mia! Cos’ha quell’uomo, per render tanta gente allegra? (...) Oh se le avesse per me le parole che possono consolare! se...! Perché non vado anch’io? Perché no?... Anderò, anderò» (A. Manzoni, I promessi sposi). Anche noi siamo presi dai nostri tormenti. Ma proprio la consapevolezza del nostro bisogno sterminato ci può rendere attenti al più piccolo segno che annunci una possibile risposta. Anche noi, come l’Innominato, possiamo rimanere stupiti che sia un uomo, un singolo uomo, la chiave di volta della soluzione dei nostri tormenti.

L’arrivo del Papa a Milano è per me il riaccadere di questa possibilità. E con l’Innominato dico a me stesso: «Anderò, anderò» a incontrare colui che ha parole «che possono consolare», cioè ridestare la speranza.

Mi auguro che tutti coloro che andranno a vedere il Papa possano rivivere l’esperienza dell’incontro sconvolgente descritto da Manzoni: «Appena introdotto l’Innominato, Federigo gli andò incontro, con un volto premuroso e sereno, e con le braccia aperte, come a una persona desiderata. (...) L’Innominato (...) alzando gli occhi in viso a quell’uomo, si sentiva sempre più penetrare da un sentimento di venerazione imperioso insieme e soave (...). Federigo (...) stese la mano a prender quella dell’Innominato. “No!” gridò questo, “no! lontano, lontano da me voi: non lordate quella mano innocente e benefica. Non sapete tutto ciò che ha fatto questa che volete stringere”. “Lasciate”, disse Federigo, prendendola con amorevole violenza, “lasciate ch’io stringa codesta mano che riparerà tanti torti, che spargerà tante beneficienze, che solleverà tanti afflitti, che si stenderà disarmata, pacifica, umile a tanti nemici”. (...) L’Innominato, sciogliendosi da quell’abbraccio, (...) esclamò: “Dio veramente grande! Dio veramente buono! io mi conosco ora, comprendo chi sono; le mie iniquità mi stanno davanti; ho ribrezzo di me stesso; eppure...! eppure provo un refrigerio, una gioia, sì una gioia, quale non ho provata mai in tutta questa mia orribile vita!”» (A. Manzoni, I promessi sposi).

Chi non vorrebbe ricevere questo abbraccio da papa Francesco? Quell’abbraccio che abbiamo visto ripetersi per tutto l’Anno della Misericordia e che fra poco raggiungerà fisicamente anche la nostra diocesi ambrosiana, come ha sottolineato il cardinale Scola: «Incontrare il Papa di persona, anche se dentro una folla, ricevere questo dono (...) è un’esperienza che segna la vita» (11 febbraio 2017).

Mi auguro che lo stupore per la carità del Papa verso di noi ci spinga a desiderare di essere come lui, sperimentando la portata personale e pubblica della misericordia, che ci rende - ciascuno lì dov’è - mani che riparano torti, spargono beneficenze, sollevano gli afflitti e si stendono disarmate, pacifiche e umili, nell’abbraccio perfino dei nemici.

Diceva don Giussani, figlio di questa diocesi: «Ognuno di noi, raggiunto dalla grande Presenza, è chiamato ad essere ricostruttore di case distrutte. (...) Ognuno di noi è, tutti i giorni - se solo vi aderisce con sincerità -, la bontà di Gesù, la sua volontà di bene per l’uomo che vive in questi tempi tristi e oscuri», così che «nasce lo spettacolo di brani di un popolo, di società diversa, definita da un clima diverso, (...) in cui diventa possibile una stima vicendevole» (L’Osservatore Romano, 10-11 febbraio 1997). E tutti sappiamo quanto bisogno ci sia di essere raggiunti da uno sguardo pieno di stima per poter affrontare senza paura l’incessante e quotidiana sfida del vivere.

Corriere della Sera, 1 marzo 2017

*Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione