Fidenza, da una mostra alla testimonianza

La mostra sui migranti del Meeting di Rimini nella cittadina emiliana. Tanti i partecipanti e le persone coinvolte. Dal Sindaco al Vescovo, dalle associazioni locali alle scuole. Tutti grati per la possibilità di guardare negli occhi chi ha bisogno

La mostra “Migranti: la sfida dell’incontro” è approdata a Fidenza. Fortemente voluta dall’Amministrazione comunale e organizzata dal Centro culturale Tamoglia la mostra è stata aperta al pubblico dal 4 al 9 aprile nei nuovi locali espositivi del Palazzo delle Orsoline del Comune. Il sindaco, Andrea Massari, alla guida di una giunta di sinistra, ne era rimasto colpito visitandola al Meeting di Rimini per il forte potere educativo e formativo. E così, in un dibattito a tratti anche acceso con chi temeva che una tale mostra potesse aprire ad accoglienze non desiderate, è riuscito a coinvolgere diverse associazioni di volontariato, tra cui la Caritas diocesana, che hanno scelto di aderire ad un percorso che adotta il modello Sprar (Servizio protezione accoglienza rifugiati). La scelta di tale modello ha permesso in questi ultimi tredici anni non solo di accogliere nel Comune di Fidenza diversi stranieri, ma soprattutto di offrire loro un percorso finalizzato ad una vera integrazione e alla possibilità di un lavoro.

Si è arrivati quindi alla mostra: 37 classi degli istituti della città, per un totale di 900 studenti, più di 1000 visitatori, 10 associazioni cittadine coinvolte, 30mila visualizzazioni su Facebook: questi i numeri che dicono di una grande partecipazione all’evento.

All’incontro di presentazione, oltre al Vescovo uscente, monsignor Carlo Mazza, e a tutte le autorità della città e di alcuni comuni limitrofi (sindaci, assessori, prefetto, guardia di finanza, carabinieri), era presente il curatore, Giorgio Paolucci, che ha esordito dicendo che la parola chiave della mostra è “immedesimazione”. Senza guardare in faccia il dramma di queste persone qualsiasi progetto politico fallisce.

Quello che ha colpito tutti è la semplicità e nello stesso tempo l’immediatezza della mostra. «Scusate se non siamo affogati» è la scritta che immediatamente fa pensare agli immigrati non come a un problema politico, ma come a delle persone. A cui, magari, devi insegnare, come il professore di meccanica di un istituto professionale della città ha portato una classe, dove su venti studenti solo due sono italiani. Ragazzi che all’inizio erano un po’ distratti, sono usciti con uno sguardo diverso. Federica, spiegando la mostra a decine di studenti, ha raccontato: «Mi ha stupito, il primo giorno, un ragazzino di prima media, straniero, che mentre parlavo di sguardo ed immedesimazione è intervenuto dicendo che anche lui pensando alla sua storia si è mosso con un suo coetaneo di colore che, alle giostre, voleva salire, ma non aveva i gettoni e lui, guardandolo, gliene ha ceduti tre». E poi gli incontri, tanti incontri. Con il responsabile della comunità musulmana Ennour e da quelli della comunità nigeriana presente sul territorio da più di vent’anni, preoccupati che i loro figli non perdano le loro radici; con alcuni giovani ospiti del Comune e della Caritas provenienti da diversi Paesi dell’Africa che hanno raccontato la loro storia ad altri giovani che magari sono entrati con un pregiudizio ed sono usciti con gli occhi lucidi.

Da una mostra alla testimonianza, così potrebbero essere sintetizzati questi giorni, un evento inaspettato per chi l’ha organizzata e per chi è venuto. È stato veramente un cammino dello sguardo o, come dice il Papa, della profonda differenza del passare dai numeri allo sguardo degli occhi dell’altro, del bisognoso.

Teresa, Fidenza