L'incontro su Don Giussani, al Teatro Magnani di Fidenza

Una piazza lungo una strada comune

Al Teatro Magnani della città emiliana, l'incontro "Don Giussani e l'Italia, una storia da raccontare", con Fausto Bertinotti, Alberto Savorana, e Michele Brambilla. Per conoscere «l'esperienza di fede di una persona profetica»
Teresa Milella

Giovedì 3 novembre a Fidenza lo splendido Teatro Magnani si è affollato di gente desiderosa di scoprire cosa avesse da dire un uomo, che si definisce non credente, su don Giussani. Fausto Bertinotti è stato invitato dall'Amministrazione comunale a dialogare con Alberto Savorana, autore della biografia Vita di don Giussani, e Michele Brambilla, direttore de La Gazzetta di Parma, di fronte a un pubblico variegato di credenti e non, cattolici convinti ed altri non praticanti, attento e numeroso, sul tema: "Don Giussani e l'Italia, una storia da raccontare". Erano presenti, insieme al sindaco, le autorità dell'Amministrazione, funzionari ed assessori.

Il dialogo si è inserito in una serie di eventi a coronamento dell'intitolazione di una Piazza-giardino a don Giussani accanto alla presentazione della mostra "Dalla mia vita alla vostra". Ma com'è nato tutto questo? Com'è che da una giunta di sinistra (in piena tradizione emiliana) è scaturito il desiderio di far conoscere la persona che ha cambiato la vita di tanti nel mondo?

A rispondere a questo interrogativo è proprio il sindaco, Andrea Massari, che, introducendo il dialogo, spiega l'inizio di questo evento: «Quando abbiamo deciso di avviare il percorso della titolazione delle strade della nostra città con i nomi di personaggi famosi del XX secolo, don Giussani è stato uno dei primi ai quali abbiamo pensato. L'obiezione di alcuni, stupiti che un'amministrazione di sinistra avesse pensato a questa figura, ci ha spinto a fare di più, convinti del fatto che per la nostra città conta essere liberi di poter raccontare il messaggio di uomini così. Nell'era del disimpegno, il tratto che più mi ha colpito di Giussani è la sua passione e la certezza di schierarsi con chi stava peggio. Don Giussani è stato un uomo di passione».

Un video introduce il dialogo: frammenti di interviste e immagini di repertorio mostrano il Giussani appassionato di cui parlava il sindaco e il pubblico applaude.

Chi ha pensato alla modalità dell'incontro ha voluto che gli ospiti dialogassero come in un salotto rispondendo alle domande che Stefano Dondi, responsabile di CL via via rivolgeva loro: il Sessantotto, gli anni di piombo, l'incontro con personalità laiche, l'effetto Cernobyl, Tangentopoli… Ciò che colpisce delle risposte è che parlare di Giussani costringe a partire dalla propria esperienza. Così Bertinotti commenta una frase del video: «Quei ragazzi in treno erano ignoranti del fatto cristiano. Se Giussani si fosse fermato lì sarebbe stato un presuntuoso, lui va oltre riconoscendo che i portatori di fede non hanno saputo trasmettere un messaggio attraente. Questo mi interessa perché vale per tutte le fedi, parla di me, perché anche in politica non siamo stati in grado di testimoniare la libertà e l'uguaglianza. Giussani profeta in un Paese cattolico in cui si stava perdendo l'evidenza: la presenza concreta del Risorto nella vita di tutti i giorni. Viene spontaneo il paragone con un altro grande uomo come Pasolini, anche lui profeta, che vede la crisi del suo popolo quando il suo popolo sembrava vincere con il pensiero prevalente». Brambilla risponde: «Oggi la speranza di felicità delle persone è tutta riposta nelle cose materiali, come se la nuova religione fosse la tecnologia. Ma l'uomo è fatto per avere desideri più alti».

«Giussani, così come il Papa», interviene Savorana «non hanno bisogno di cambiare le strutture, ma pongono un gesto che è espressione della passione per l'uomo e questo accomuna il credente e non. Incontri come questo ci fanno capire che questa profezia ha anche un po' di carne».

Alla fine dell'incontro, tante persone si sono avvicinate ai relatori manifestando la soddisfazione per un evento che ha accomunato laici e non, ma soprattutto che ha permesso di conoscere l'esperienza di fede di un uomo profetico che ha segnato un tratto importante della nostra storia.























Brambilla ricorda il giorno in cui, per la prima volta conobbe Giussani: «Stavo andando a casa sua e da lontano lo vedo, sul marciapiede, infreddolito che mi aspetta, aspettava me: quando eri davanti a lui eri la persona più importante. Alla mia obiezione che un ateo potrebbe pensare che il cristianesimo è l'illusione di poter soddisfare le esigenze profonde dell'uomo lui mi rispose: "Ma come mai, il cristiano vive bene e chi non crede non è mai contento e sente che gli manca qualcosa? Se il cristianesimo è sbagliato, le sembra ragionevole?". Don Giussani mi interessa perché ho bisogno di verità e quest'uomo ci crede veramente, mi ha comunicato che la possibilità di Dio è vera».

E la crisi del '68? come tocca l'esperienza di GS? È Savorana a rispondere: «Quando Giussani scorge nei segni impercettibili l'inizio della crisi e cioè che qualcosa stava venendo meno, ha chiarissimo un fatto: che gli adulti non hanno comunicato un metodo ai ragazzi e che anche il pensiero cristiano sembrava astratto, non utile per vivere. È riuscito a capire l'autenticità del '68 e che una rivoluzione violenta non può portare a libertà e uguaglianza, occorre un cambiamento del cuore».

Annuisce Bertinotti, quando Savorana incalza dicendo che la grandezza della fede cristiana è che Cristo ha risposto all'esigenza umana, perciò hanno un destino comune chi ha fede e chi si dispera nella domanda e soffre. E aggiunge: «Quando Gesù dice "ama il tuo nemico" afferma la più radicale appartenenza all'umano». Giussani in un intervento del 1959 aveva detto: «La persona è totalmente al di là, perciò devo amare chi mi odia perché la sua persona va oltre».

Il dialogo prosegue trovando continuamente dei punti comuni pur nella diversità di storie e appartenenze, è un dialogo tra uomini che hanno a cuore l'uomo, così come Giussani quando incontrava le persone anche in ambito laico, come Testori o Pasolini, o Leopardi nelle sue poesie.

Ricorda Savorana: «Quando fu ucciso Pasolini, Giussani gli stava scrivendo una lettera perché voleva incontrarlo, pur sapendo che apparteneva ad un'altra storia: era rimasto colpito dalla denuncia dell'omologazione. Lo stesso avvenne con Testori, che scrisse un articolo sul senso della vita e Giussani chiese ad alcuni ragazzi di andarlo a conoscere. Non aveva niente da difendere se non questa possibilità di incontro».

E oggi? È possibile una strada insieme? «Oggi è intervenuta una cesura, come dopo il diluvio», conclude Bertinotti. «È avvenuta una mutazione profondissima ed è nato un nuovo capitalismo che ha prodotto la sua massima ambizione: farsi religione, costruire un uomo nuovo sostanzialmente adattativo al meccanismo economico secondo cui i rapporti umani vengono sopraffatti dagli interessi economici. Di fronte a questo, il dialogo tra i credenti e non si impone per ricominciare un cammino che non parte dai canoni classici, ma ha a cuore che la mia libertà è indivisibile dalla tua e non finisce dove inizia la tua».























Domenica mattina, una folla numerosa ha presenziato la cerimonia di intitolazione di una piazza-giardino a don Giussani. Nel suo saluto, il sindaco ha detto: «Non posso affermare di essere un esegeta profondo di Giussani, ma posso dire che a dispetto della letteratura grossolana che ha raffigurato questo sacerdote come un ultraconservatore, ho la convinzione che sia stato un uomo di straordinario coraggio, un uomo mosso da una passione profonda. Un uomo che ha scelto da che parte stare e ha scelto la parte giusta: quella di chi non aveva niente, quella di chi non vuole essere solo spettatore della storia». Dopo il primo cittadino, è intervenuto Pier Luigi Benatti, responsabile di CL a Bologna, che ha sottolineato come il dialogo con la libertà di tutti è sempre stato «il faro della instancabile attività missionaria di don Giussani. Dedicare a lui una piazza oggi significa dire che non possiamo più vivere senza questa priorità: un dialogo vero e profondo con tutti per abbattere muri che limitano l'orizzonte del nostro sguardo e costruire ponti per una società viva e tesa al bene del singolo nella valorizzazione della libertà».

Poi si è scoperta la targa, avvolta nella bandiera europea. A conclusione, il canto Povera voce intonato dai bambini della scuola "Il seme".