Padre Ibrahim Alsabagh con i bambini di Aleppo.

L'unità più forte delle bombe

Ieri a Milano (e venerdì 28 a Roma), la presentazione del libro di padre Ibrahim Alsabagh, parroco di Aleppo. Il racconto del dolore di un popolo distrutto dalla guerra. Che, anche senza acqua ed elettricità, fa esperienza della vita che vince

Martedì sera nella chiesa di Sant'Angelo a Milano padre Ibrahim Alsabagh, parroco di Aleppo, ha presentato il libro “Un istante prima dell'alba. Siria. Cronache di guerra e di speranza da Aleppo” (Edizioni Terra Santa). Lo ha fatto raccontando il dramma che sta vivendo la città siriana e la speranza che i frati francescani stanno portando, per il totale affidamento della loro vita a Dio. Quella di padre Ibrahim è stata una testimonianza incalzante, due ore senza tirare il respiro in cui le sue parole e le immagini proiettate ci hanno portato tra le macerie di Aleppo, a sentire anche noi le bombe che esplodono improvvise e sventrano le case.

Quello che è successo martedì sera è eccezionale, padre Ibrahim ci ha fatto vedere la città fantasma che è oggi Aleppo, ci ha spiegato cosa significhi vivere senza acqua ed elettricità, ci ha fatto presente che il lavoro manca, perché l’industria siriana è stata distrutta e molti macchinari rubati e portati all’estero. Ci ha descritto il terrore di chi vive sotto i bombardamenti. Ha sottolineato le tante forme di depressione che colpiscono donne e bambini.E la mancanza di intervento medico specialistico.

Ha parlato della assenza di una assistenza medica, dei tanti padri o madri colpiti da malattie; e i pochi soldi che hanno al posto di usarli per comprarsi le medicine li utilizzano per dar da mangiare ai loro figli. È anche entrato nell'analisi storico politica, dicendo a chiare lettere che la Siria è oggi oggetto dell'attenzione dell'intelligence di ogni grande potenza, è stato esplicito nel dire che, «questa guerra non è una guerra del popolo siriano».

Tutto questo ha detto padre Ibrahim, ma non si è soffermato sull’analisi della situazione, non ha indugiato a descrivere la forza distruttiva del male né ha voluto amplificare le già grandi ferite della guerra. Padre Ibrahim ha voluto comunicare una cosa chiara e impressionante: che ad Aleppo vi è la vita e ogni giorno la vita vince sulla morte. E l’ha descritta questa vita in tutte le sue sfaccettature, ha fatto vedere i vari momenti di festa, le comunioni, i matrimoni, il corso per fidanzati, il lavoro di riparazione delle case danneggiate per farle migliori di quello che erano prima, il pacco alimentare per distribuire il cibo alle famiglie povere, i bambini dell’oratorio feriale che giocano di fronte alle bandiere dell’Isis, le loro chiese affollate di gente con il volto lieto come il suo.

Questo è stato l’aspetto straordinario della testimonianza di padre Ibrahim, il suo sguardo che oggi, in una Aleppo distrutta, va a cogliere la bellezza della vita che c’è. Una unità di uomini e donne che trovano la forza di vivere nella fede di un gruppo di frati francescani rimasti ad Aleppo. Ciò che colpisce e commuove di padre Ibrahim, è che per lui la vita della comunità cristiana di Aleppo è più reale, più incisiva, più determinante che non il male della guerra.

Non c’è nelle sue parole e nel suo sguardo un attimo di titubanza: ciò che sta succedendo ad Aleppo è molto di più dei soldati di Assad e i soldati dei jiahidisti che non rispettano la tregua. La guerra non ferma la vita, anzi la vita trova grazie alla fede sempre nuove forme di espressione. Tutti si immaginano una popolazione nascosta dentro le cantine o in qualche rifugio improvvisato, invece è l’opposto, questi frati radunano la gente e vivono assieme a loro, creano gesti di convivenza, li fanno partecipi della gioia della vita che sa affrontare anche il dolore e la morte. Tanto che padre Ibrahim arriva a dire che «morire insieme con la preghiera è meglio che morire da soli nella propria casa».

Ad Aleppo tutto è distrutto, le case e le chiese sono continuamente sotto i bombardamenti, ma la gente vive. Di questo pochi parlano e bisogna essere grati a questo semplice frate che grazie all’esperienza che sta facendo con i suoi confratelli, ci fa vedere oggi quale sia il segno di speranza per questa città fantasma. Padre Ibrahim per due ore ha parlato di speranza, e si capisce bene perché ne parli: la vede vivere, la vede in azione, e sa che quell’unità tra la gente che scoppia più forte delle bombe è opera di Dio.

La conclusione di padre Ibrahim è la gratitudine a tutti noi che li aiutiamo a vivere con la nostra preghiera, è una richiesta pressante a continuare a pregare perché «la soluzione per Aleppo, per la Siria e per tutti i problemi del mondo sarà offerta dalle persone che pregano con il cuore».

Gianni, Abbiategrasso

Padre Ibrahim Alsabag presenterà il suo libro Un istante prima dell'alba a Roma venerdì 28 ottobre alle ore 21 nella parrocchia di San Francesco a Ripa (Piazza San Francesco di Assisi, 88)