Un momento dell'incontro.

ROMA L'Europa che ci aspetta

Al Centro Internazionale di Cl, monsignor Ettore Balestrero e Mario Mauro si sono confrontati sul futuro di un «Continente vecchio». Tra immigrazione e crisi d'identità, il riconoscimento del valore su cui si fonda tutto: «La libertà religiosa»
Giuliano Visconti

Può un cristiano di oggi credere ancora nell’Europa? È la provocazione lanciata ieri sera al Centro Internazionale di Comunione e Liberazione a Roma, nell’incontro “2010: l’Europa che ci aspetta”, che ha visto protagonisti monsignor Ettore Balestrero, sottosegretario per i rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, e Mario Mauro, presidente dei deputati Pdl al Parlamento Europeo. Incalzati da Roberto Fontolan, direttore del Centro, i relatori hanno affrontato temi come demografia, immigrazione, identità religiosa, educazione e radici cristiane.
Di «Europa senza europei» e «Continente vecchio e di vecchi» ha parlato monsignor Balestrero, che ha affrontato il problema demografico, sottolineando come la popolazione europea nei prossimi decenni andrà diminuendo. Quale la risposta a questa emergenza? «Di sicuro l’immigrazione, che sembrerebbe una prima risposta, non può essere la soluzione al problema della diminuzione e dell’invecchiamento della popolazione», ha affermato. L’immigrazione presenta molteplici problemi: crea a volte uno scontro con identità religiose differenti, così da produrre ultimamente più una discriminazione che una integrazione. È il caso della storica maggioranza religiosa europea, che si sente discriminata rispetto a un trattamento preferenziale adottato per le minoranze. Per il sottosegretario non è che uno il presupposto per l’incontro tra l’identità cristiana europea e quella proveniente dalla recente immigrazione: «Riconoscere che qualunque tradizione religiosa radicata non può essere dimenticata». Quali allora le sfide che la nuova Europa dovrà affrontare? «In primo luogo occorrerà chiedersi se esistono valori universali e immutabili o se l’unico valore è la ponderazione tra i valori - ha continuato Balestrero -. In secondo luogo, occorrerà educare, creare uno spirito costruttivo, affinché si possa accogliere l’altro ed ascoltarlo». Ecco quindi l’importanza del ruolo dell’educazione, intesa come «provocazione della libertà dell’uomo di fronte alla verità che ha davanti»: secondo il sottosegretario, infatti, «l’educazione diventa irrinunciabile se l’Europa vuole rimanere libera». Il monito di monsignor Balestrero è ben chiaro: «Non ci si deve sottrarre allo sforzo di educare e di educarsi».
Quali ragioni hanno spinto i padri fondatori a pensare l’Europa? Questa l’introduzione che l’onorevole Mauro ha voluto fare nel rispondere alla provocazione lanciata: «L’Europa unita è stata pensata come un antidoto alle ideologie che l’avevano insanguinata», ha spiegato. Nella convinzione che «ciò che unisce i popoli europei è più forte di ciò che li divide», e che la creazione di una struttura soprannazionale era l’unica possibilità per garantire pace e sviluppo ai popoli europei. «Ciò che ha reso possibile la nascita e lo sviluppo dell’Europa - ha proseguito Mauro - è stato il riconoscimento di un valore chiave: la libertà religiosa». Secondo l’europarlamentare, sarà quindi possibile agli europei di oggi continuare il processo d’unificazione se, e solo se, faranno proprio il monito di Benedetto XVI a non lasciare che prevalgano il fondamentalismo e il relativismo: «Perché la forza del progetto politico europeo è stato chiamare le cose con il loro nome». Da qui discendono due punti irrinunciabili per Mauro: «Partire dalla realtà e rafforzare l’unione a livello politico, affinché l’Europa possa garantire e promuovere la pace nel mondo con credibilità».