Edward Hopper, <em>Morning sun</em>.

ALBACETE SU “TRACES” L’attesa del cuore

Un insolito articolo di Newsweek apre un dibattito: in cosa spera chi crede? Su Traces di novembre, Lorenzo Albacete parte da lì. Per arrivare a parlare dell’Avvento
Lorenzo Albacete

Nell’ultimo numero del settimanale Newsweek c’era un interessante articolo riguardo la vita dopo la morte, che penso ci possa aiutare a comprendere meglio quale significato rivesta l’Avvento nella fede cattolica. L’articolo, scritto da Jerry Adler, era una recensione del nuovo libro di Dinesh D’Souza, il commentatore politico. Questa volta D’Souza ha scritto un libro (Life After Death: The Evidence) nel tentativo di rispondere ai crescenti attacchi mossi contro la religione da parte del “nuovo ateismo”, tra i cui esponenti vi sono lo scienziato Richard Dawkins e il polemista Christopher Hitchens. I nuovi atei fanno appello al ragionamento scientifico per sostenere le proprie tesi e D’Souza risponde loro fornendo “saldi argomenti scientifici” a favore della sopravvivenza della coscienza oltre la morte. Egli lascia da parte qualsiasi riferimento ai fantasmi, ai medium, alle guarigioni miracolose attribuite all’intercessione di santi, o all’interpretazione di segni e simboli. Cerca invece la prova della vita dopo la morte nella meccanica quantistica, nelle neuroscienze, negli studi su coloro che sono tornati in vita dopo la morte clinica (Adler è convinto che sia questa la strada più promettente per la ricerca) e nella filosofia morale.
Adler, che lo scorso anno ha perso il figlio minore Max, accoglie positivamente il modo in cui D’Souza affronta la questione, ma osserva che esso presuppone erroneamente che i non-credenti siano tutti interessati a scoprire se vi sia o meno una coscienza dopo la morte. I credenti non hanno bisogno di prove - egli sostiene - e molti non-credenti «hanno fatto pace con la prospettiva dell’annientamento personale». D’Souza ritiene che vi sia un codice morale inciso nel cuore umano che ci spinge a compiere atti di carità e di altruismo, compresa la disponibilità a morire per gli altri, un comportamento, questo, che va contro l’imperativo darwiniano di “eliminare chi ci sta vicino”. Tale codice morale implica l’esistenza di un’altra realtà in cui prevalga la giustizia, permettendoci così di dare un senso alla vita presente. Tutto ciò ci offre un fondamento per la speranza.
Ma è questa la speranza dei cristiani? In che cosa speriamo durante il periodo dell’Avvento? Non speriamo semplicemente in una “vita dopo la morte”. Questo è un concetto, un’astrazione che non corrisponde a ciò che il cuore umano desidera. Il cuore umano desidera la resurrezione, un altro tipo di vita, un’altra forma di coscienza personale che non sia semplicemente la prosecuzione della vita presente in un altro universo, fatto di un altro tipo di materia e dominato da altri tipi di leggi fisiche. Inoltre, noi basiamo la nostra speranza sull’esperienza di questa possibilità qui e ora, su di una relazione qui e ora con Gesù Cristo, vittorioso sulla morte, Signore del tempo e dello spazio. Papa Benedetto XVI sottolinea che per noi «il Signore è dove vi è la nostra vita indistruttibile, e non c’è bisogno di porre domande al riguardo o di cercare un altro luogo... il Signore stesso è il Paradiso verso cui l’uomo che sta per morire sa che la sua vita verrà innalzata... una vita concessa agli uomini perfino nella morte del corpo e prima del definitivo adempiersi del futuro del mondo».
Questo è il motivo per cui vi è un Avvento: un’anticipazione di questa vita e l’attesa della sua realizzazione, allorché la vittoria di Cristo sulla morte sarà resa pienamente manifesta in tutti gli universi possibili.