La messa con il Vescovo nella nuova sede.

ITACA Fino a cambiare la natura del lavoro

Due giorni di incontri e festa per i vent'anni della casa editrice romagnola. Un'impresa fiorita da una passione "giovanile". Ma cresciuta per la sfida della fede cristiana, messa alla prova
Alessandra Stoppa

Ricorda un fatto di qualche anno fa, l’incontro con un dirigente d’azienda: «Anch’io da giovane avevo degli ideali. Poi ho visto che non era possibile realizzarli e allora sono diventato più pragmatico», ma glielo disse con gli occhi lucidi. Eugenio Dal Pane non può dimenticarselo, perché anche lui aveva sempre avuto il sospetto di essere un idealista. Convinzioni bellissime, ma la realtà è un’altra cosa. È che poi è come se la questione si fosse del tutto capovolta. Quel che ha realizzato è stato possibile solo per l’ideale. Messo alla prova.
Qualcuno lo aveva invitato a farlo, da ragazzino. Era il 1970. Non poteva credere che qualcuno sfidasse così lui che non aveva ancora compiuto sedici anni. «Ognuno di noi che si senta uomo vivo non può non desiderare di prendere coscienza del significato della propria vita. Così come non può non avere un cuore dilatato ad abbracciare tutto il mondo, con i suoi problemi più autentici e la sua attesa più sincera». Sono le parole che don Giussani gli disse insieme ad altri studenti. Il fatto stesso che un uomo rischiasse con lui certe cose, che stimasse la sua giovinezza, è ciò che lo ha guidato in tutta la strada. Fino a oggi. Quando lo racconta all’inaugurazione della nuova sede di Itaca, la società editrice e di promozione culturale che, dopo quindici anni di insegnamento in un istituto tecnico, ha fondato alla fine del 1989. E che oggi collabora alla gestione della libreria del Meeting di Rimini e alla diffusione di testi, mostre, cataloghi.
Si è sempre chiesto perché avesse questa innata passione per la cultura e i libri, mentre i suoi fratelli erano geniali imprenditori agricoli. «Non ho trovato mai risposta più soddisfacente di questa: all’origine di ogni persona, e quindi di ogni impresa, c’è un dono gratuito. Che Dio dà all’uomo perché con il proprio lavoro contribuisca a rendere il mondo più bello e più vivibile». Itaca non l’ha progettata, se l’è trovata davanti come frutto di quel dono gratuito. Nel libro, scritto per i vent’anni dell’opera, L’impresa possibile, si capisce bene - passo dopo passo - com’è accaduto che dalle dispense per i corsi dei maturandi sia arrivato a quest’opera. Cresciuta fino a “costringerlo” a prendere una sede nuova e molto più grande. In un momento di crisi generale. E soprattutto per il settore in cui si trova a investire, la cultura.
Proprio quando non intravedeva più i margini per una crescita ulteriore, meno di due anni fa, tutto è cambiato di nuovo. Al posto di arrestarsi, l’impresa si è dilatata.
All’attività libraria ed editoriale, si è aggiunta la realizzazione di eventi culturali, spettacoli teatrali e mostre. Come quella su san Paolo, tradotta in russo, inglese, olandese, croato, spagnolo, ebraico, arabo... con centinaia di allestimenti in Italia e nel mondo. «Non è una strategia aziendale che ci ha fatto arrivare qui», racconta Eugenio insieme ai suoi quattordici dipendenti: «Ma mettendo il cuore in quel che ha provocato la nostra libertà».
Il 19 e 20 marzo hanno inaugurato la nuova struttura e hanno organizzato due giorni di incontri per tutta la città, sui temi del lavoro e dell’arte. Dall’incontro con Bernhard Scholz, presidente nazionale della Compagnia delle Opere, alla presentazione della mostra romana su Caravaggio, la messa con il Vescovo di Imola, Tommaso Ghirelli, poi la festa.
Prima che i vent’anni della casa editrice, hanno voluto festeggiare una scoperta: questi mesi di costruzione, cambiamenti e fatica sono stati l’occasione per verificare la convenienza della fede per la vita. Ed è per questo che l’inaugurazione della sede è stata un gesto davanti alla città. L’esperienza di quell’imprenditore deluso, incontrato anni fa, si è proprio capovolta rischiando. Perché è così che l’ideale dimostra la sua verità. «La fede rende la vita più bella e l’opera più fresca». Anche questo lo sentì dire da don Giussani tanti anni fa, e fu un invito e una promessa. Oggi sono tantissimi gli incontri e i rapporti che gli confermano che è vero. Per primi quelli con la gente che lavora con lui ogni giorno, e ora anche con tutte le persone che ha incontrato nella costruzione della nuova sede. In questo anno di sfida continua sono cresciuti incontri insperati.
Come con il geometra. Che è rimasto colpito dalla loro disponibilità a piegarsi alla realtà, fino ad acquistare 1400 metri di capannone invece che 800. Ed è lo stesso che non ha perso un minuto dei festeggiamenti, ringraziando chi lo ringraziava. «Come lui tanti hanno messo una dedizione in questo lavoro, un di più al mestiere in quanto tale, che ha un solo nome: gratuità», dice Eugenio. Gente prima sconosciuta, o colleghi di tutti i giorni, con cui si osa guardare la vita con una generosità che scaturisce dalla fede. «Se no, non è possibile trasformare così il lavoro, dargli un valore infinito, ed entusiasmante».
È quello che ha stupito un ex dirigente Rizzoli, conosciuto in questi anni, quando ha visto e sentito i frutti di questo percorso nei due giorni di festeggiamenti. «Il vostro incontro con Giussani vi ha segnato la vita fino ad arrivare a cambiare la natura del lavoro».