Roma, la presentazione del libro di padre Ibrahim Alsabagh.

In attesa dell'alba, la felicità possibile

Padre Ibrahim Alsabagh e il Custode di Terra Santa, Francesco Patton, a Roma per la presentazione del libro del parroco di Aleppo. Nel duello quotidiano «tra morte e vita», una prospettiva nuova che accende la speranza
Andrea Avveduto

Il volto resta sempre sorridente e lieto. Anche quando le sue parole commosse raccontano di case distrutte o figli resi orfani, di persone che non hanno da mangiare e cercano disperatamente di tirare a campare. Niente da fare, la sua “impossibile” serenità non lo abbandona. Padre Ibrahim Alsabagh, parroco di Aleppo, ha presentato a Roma il suo Un istante prima dell'alba, il libro appena uscito che racconta di quella mattina attesa, implorata, dopo la notte «che ad Aleppo è calata quattro anni fa».

È Roberto Fontolan, responsabile del Centro internazionale di CL, a introdurre così la serata di venerdì 28 ottobre nella parrocchia di San Francesco a Ripa. Le tante persone in piedi riempiono la chiesa francescana. In silenzio assoluto, ascoltano il racconto di «quell'alba raccontata nel libro di padre Ibrahim».

Aleppo, Siria, Terra Santa. Padre Francesco Patton, trentino, neo Custode di Terra Santa e altro relatore della serata, spiega il perché della presenza francescana in quelle terre. «Siamo lì da otto secoli, accanto alla gente, condividendo la vita delle persone e a volte il martirio». I frati della Custodia, circa duecentocinquanta in tutto, vivono in otto Paesi del Medio Oriente. «Uno di questi luoghi è la regione San Paolo, che comprende Giordania, Libano e Siria, dove per la prima volta i discepoli di Gesù vengono chiamati cristiani». Padre Patton ha incontrato padre Ibrahim «nel primo viaggio in Siria, quando il nostro collegio era appena stato colpito da un missile che aveva ucciso una donna e ferito altre quattro». Oggi, «nella città più pericolosa al mondo», i francescani sono presenti in tre luoghi (la parrocchia, il Terra Santa College, e nel quartiere di Al Ram, dove i frati portano avanti una scuola per bambini sordomuti). Il Custode mostra tutta la riconoscenza di cui è capace per quei «confratelli che hanno il merito di aver contribuito ad aver tenuto lì la speranza». Sperare è possibile, dunque. E lo sarà ancora, «fino a quando ci sarà gente così. Gente che ha il cuore libero dall'odio». E perciò libera di amare tutti.

Il testimone passa poi a padre Ibrahim, che si presenta come «un italiano adottato da questa brava gente». Era avviato a una brillante carriera da docente, e oggi si trova ad Aleppo, la sua «scuola di teologia». Perché è proprio lì che vede «Cristo vivo sofferente nelle sue membra». Vive questa comunione «contemplando la bellezza di Gesù che emana dalla croce, quando era appeso su quei legni e nessuno lo voleva guardare». La terribile sofferenza di Cristo è legata alla sofferenza dei siriani, alla più stretta attualità.

«Non c'è internet, acqua, manca l'essenziale per vivere». I suoi parrocchiani in questi giorni lo chiamano al telefono: «Padre, da ieri ci sono tantissimi bombardamenti. Non abbiamo potuto dormire, e oltre alla pioggia naturale c'è anche quella dei missili». A volte rallenta, mentre racconta «il dolore e le ferite profonde di questo periodo». Un continuo duello tra «morte e vita» che dura dall'ottobre di due anni fa, quando il frate damasceno è stato inviato ad Aleppo. Anche se «appena l'ex Custode padre Pizzaballa (ora vescovo di Gerusalemme) è venuto a chiedermi di andare in Siria, non ho avuto esitazioni. Io sono venuto per servire il Signore, e lui sa cosa vuole da me».

Per diversi mesi si è chiesto «quale risposta dare a questo male?», per poi accorgersi di come spesso «noi cerchiamo di dare una risposta solo “intellettuale”, cercando di trovare una responsabilità in qualcuno». Certo, i colpevoli sono tantissimi: «Il desiderio del denaro, del dominio, del traffico di armi...». Ma la vera domanda è un'altra: «Signore, cosa vuoi che io faccia?». A quel punto cominciano ad arrivare anche le risposte. «E si comincia a rispondere al male con il bene. In questa fornace ardente si comincia a costruire un'oasi di pace. A dare una goccia d'acqua a chi muore di sete. Ad accogliere chi vive nelle macerie perché non ha dove andare». Lentamente, la vita torna a vincere sulla morte. E l'alba a illuminare la notte. «In questo modo ho sentito parlarmi il Signore ogni giorno. Desideriamo far sperimentare la tenerezza di Dio alla gente che vive ad Aleppo».

È felice, padre Ibrahim, di una felicità che nessun missile gli può togliere. «C'è una gioia che sperimento dentro di me di cui non posso parlarvi, che non posso descrivervi neanche con tutti i libri che posso scrivere. Il Vangelo dice che c'è più gioia nel dare che nel ricevere. E allora - pensavo a quattordici anni - se darò me stesso per tutta la vita, chissà quanta gioia avrò?». Da allora padre Ibrahim non ha più cambiato idea. Neanche dove tutto grida rabbia, rancore, vendetta. Neanche ad Aleppo.


IL LIBRO

Ibrahim Alsabagh
Un istante prima dell'alba
Edizioni Terra Santa
pp. 208 - 15 euro