La platea dei Colloqui.

FIRENZE
In millecinquecento a Colloquio con Dante

Nel capoluogo toscano una tre giorni di convegno sul poeta fiorentino. Studenti e professori impegnati a centinaia in lezioni frontali. Dove non è mancato il dialogo, vero solo quando c'è passione per la verità. Come con quello studente musulmano...
Pietro Baroni

Sabato 28 febbraio si è conclusa al Palacongressi di Firenze l’VIII edizione dei Colloqui Fiorentini che ha convocato nella città toscana per tre giorni 1.500 tra docenti e studenti delle medie superiori d’Italia, compresi una ventina di giovani insegnanti della SSIS e alcuni studenti delle università americane con sede a Firenze (California e Harding university).
Sabato sera, ore 21.30, squilla il telefono. È il dirigente di un’importante scuola di Bologna. Non è potuto venire a Firenze, ma i suoi studenti e docenti sono appena tornati a casa e lo hanno contattato per riferirgli del convegno. I ragazzi entusiasti e i professori ancor di più: «Ci tenevo a ringraziarvi». Uno scherzo? Una tv in sottofondo, del vociare. No, il dirigente sta chiamando da casa sua, è con la famiglia. Ricambio i ringraziamenti e metto giù. Ripenso alle parole di una professoressa di Pesaro: «Non mi lamenterò più di avere una classe di trenta alunni». Il riferimento è a uno dei quattro seminari nei quali, durante i tre giorni del convegno si è lavorato per discutere, confrontarsi, scoprire i passi fatti da Dante nelle sue opere: con 900 studenti. Non una relazione frontale, ma un vero e proprio momento di scuola, con una classe un po’ allargata!
«La scuola ha tanti problemi e poca speranza. I Colloqui Fiorentini sono un fatto, un fatto innanzitutto. Ed è proprio perché sono un fatto che da qui si può ripartire»: così il presidente di Diesse Fabrizio Foschi ha salutato i partecipanti. E i tre giorni hanno provato largamente le sue parole: Gilberto Baroni, tra i promotori, al termine dell’assemblea dei docenti ha descritto quello che ha visto: «Tutti comunicavano la commozione di vedere i propri studenti all’opera nei seminari, protagonisti in prima persona di un incontro innanzitutto umano e, quindi, culturale con Dante. Di vederne fiorire l’entusiasmo, l’acutezza delle intuizioni, il gusto della conoscenza». Oppure Elena Landoni, docente di Letteratura italiana dell’Università Cattolica di Milano, che ha svolto una relazione dal titolo “L’uomo della Divina Commedia”, per la quale la verità si comunica naturalmente, la sua conoscenza accade per evidenza intrinseca. Proprio come è accaduto ai Colloqui: una verità di esperienza sbocciata gratuitamente, grazie a un lavoro che Diesse Firenze ha svolto per un intero anno, ma con un esito sorprendente innanzitutto per gli organizzatori.
Basta pensare ad Ahmed, uno studente musulmano di un liceo scientifico di Trieste, col quale, durante il lavoro per la relazione finale del nostro seminario, abbiamo intavolato, con altri studenti, una discussione sul rapporto che Dante aveva con i musulmani e le altre religioni. Gli chiedo: «Tu che sei musulmano, come ti sei trovato con Dante?». «Benissimo, è impressionante. Ma penso che non vada seguito su tutto: mette all’Inferno Maometto…». Io rincaro: «E pensa che mette il suo avo Cacciaguida nel cielo dei combattenti per la fede, proprio perché morto nella crociata». Non è stato un dialogo “politicamente corretto”: ognuno ama la sua tradizione e la sua cultura, ognuno certo della propria identità. Alla fine abbiamo capito che il dialogo non è un valore in sé, ma nasce solo dalla ricerca appassionata della verità, altrimenti si diventa inevitabilmente violenti, senza distinzione di cultura e religione. Al termine dei tre giorni mi saluta: «Grazie per quello che mi hai detto ieri, non ho parole, sono contento di averti conosciuto. Mi lasci la tua mail?». Un esempio sorprendente di integrazione culturale, nato dal confronto libero e sincero a partire dall’esperienza umana di Dante.