Il volantino della mostra «Vieni e vedi».

Le stesse questioni, domande, scoperte

Un gruppo di ragazzi, "Vita di don Giussani", e la proposta di un amico di provare a scoprire come è nata Gs, per paragonarlo a quello che vivono oggi. Da qui, l'idea di una mostra, da portare alla quinta edizione di "Un popolo in festa"
Alessandro Carabelli

Dal 5 al 7 settembre si è svolta la quinta edizione di "Un popolo in festa", manifestazione che, nata a Monte Cremasco (Cremona) nel 2009, ogni anno propone un evento culturale nuovo e vivo. Una tre giorni di incontri, musica e gusto culinario, ma soprattutto fatta da persone appassionate alla vita. Quest’anno la novità è arrivata da dieci ragazzi delle superiori.

A luglio un amico suggerisce loro di leggere alcuni capitoli del libro Vita di don Giussani di Alberto Savorana, dove si parla delle prime esperienze di Gioventù Studentesca degli anni Cinquanta. Dopo qualche giorno quel gruppetto si ritrova: per due ore i ragazzi si raccontano aneddoti, fatti, giudizi riportati sul libro. Un incalzare di interventi, del tipo: «Ma no, non ci posso credere! Anche a lei è successa la stessa cosa?», o ancora: «Guarda qua il Giuss come spiega bene quello di cui parlavamo ieri...». Comunicare a tutti quello che avevano intuito sarebbe stata una cosa grande, decidono allora di creare una mostra che partisse da un paragone tra l’esperienza dei primi giessini degli anni Cinquanta e la loro stessa esperienza. Sono stati due mesi di lavoro, di dialogo, di riflessione sulla propria esperienza, di ricerca (dei primi volantini del Berchet, o di fotografie inedite), di studio (di recitazione di alcuni pezzi cari a don Giussani come i Canti di Leopardi o un brano dell’Odissea) e di sintesi.

Ecco una testimonianza di Ilaria, una ragazza che ha partecipato alla costruzione di questa mostra:

«Quest’estate, insieme ad altri ragazzi, sono stata invitata da un amico a partecipare alla festa realizzando una mostra con a tema la nostra esperienza di Gioventù Studentesca. Pensando a chi me l’aveva proposto, e alle persone con cui avrei lavorato, ho accettato. Quando ho scoperto che non ci sarebbero state le mie più care amiche, che frequentano il mio anno, ho visto il mio entusiasmo vacillare, ma ho deciso di continuare: ne valeva la pena, almeno per la stima che avevo dell'amico che me lo aveva proposto. Abbiamo allargato l’invito a tutti i nostri amici e, con grande sorpresa, molti dei ragazzi più piccoli hanno aderito. Nei giorni (caldi ma intensi) durante i quali abbiamo discusso insieme, la nostra amicizia è diventata più vera e profonda. E questo al di là del lavoro strettamente legato alla mostra: ci siamo aiutati a fare i compiti della vacanze, ad organizzare la giornata al Meeting, abbiamo mangiato insieme, ho aiutato uno di noi a fare il banchetto dei libri usati che aveva organizzato da solo nella sua scuola.

Abbiamo iniziato la realizzazione della mostra leggendo i capitoli 7,8 e 9 della Vita di don Giussani, che raccontato i primi anni in cui nasce Gioventù Studentesca. Il nostro intento non era quello di spiegare che cosa fosse Gs con le nostre definizioni o solo in base a quello che avevamo capito, ma di comprendere il metodo con cui è nata. Siamo rimasti sorpresi di come Gs degli anni Cinquanta non fosse diversa da quello che viviamo noi dopo sessant'anni. Per due mesi abbiamo discusso e riflettuto su quello che viviamo: ciascuno si è trovato a chiedersi il vero motivo per cui partecipa a gesti come la caritativa, il raggio, a cantare insieme, spendere il proprio tempo libero. Anche quando dovevamo decidere gli argomenti da inserire ci domandavamo il perché della scelta, di cosa andasse bene e cosa invece non doveva essere inserito. Il paragone con l’esperienza dei ragazzi del Berchet era inevitabile e abbiamo visto che noi non siamo tanto diversi da loro: le stesse questioni, domande e scoperte.

Preparando questa mostra mi sono trovata sempre più affascinata dalla figura di don Giussani, dal suo modo di affrontare la realtà. Mi ha invitata ad essere incisiva, viva nell’ambiente in cui mi trovo, a vagliare ogni cosa che mi succede per trattenere quello che è utile. Mi ha proposto un modo diverso di ascoltare la musica, più affascinate e profondo. Anche se non sono certa del perché di ogni cosa su Gs questo non mi preoccupa perché non voglio dare una risposta riduttiva alle mie domande, lo capirò col tempo. Nonostante questo rimango sempre più affascinata e voglio continuare a lanciarmi in quello che mi propongono. Di fronte al lavoro di questa mostra ho deciso di invitare anche dei miei compagni di classe che non seguono l’esperienza di GS. Sono venuti e li ho trovati interessati, con le loro continue domande e spero che abbiano colto la stessa bellezza che ho intravisto io nel realizzarla».