Il riposo di una squadra in panchina.

MUNDIALITO Il desiderio formato pallone

Novecento studenti iscritti, trecento partite disputate: una manifestazione che a Taranto, da 27 anni, coinvolge sempre più scuole. Un normale torneo di calcio? No, la differenza sta nell'accoglienza, «Persona per persona»
Niccolò De Carolis

Alessandro all’ora di pranzo lascia il suo ufficio e prende la macchina. Deve andare a incontrare la preside di un liceo di Taranto, la città dove abita. Non è per suo figlio, non ne ha. È per il torneo di calcio Mundialito escuela, del quale, da qualche anno, è uno degli organizzatori.
Nella partita del giorno prima ci sono state lamentele perché una squadra avrebbe fatto giocare ragazzi non iscritti al torneo. «Ho voluto incontrare la responsabile della squadra “incriminata”», racconta Alessandro. «Ma non mi interessava andare lì per fare l’investigatore. Volevo innanzitutto conoscere lei, i suoi ragazzi, la sua proposta educativa».
È questa la ragione per cui, ventisette anni fa, è nato il torneo di calcio a 5 Mundialito escuela. Dal desiderio missionario di alcuni studenti e professori di Gs di incontrare coetanei e compagni. All’inizio partecipavano poche squadre. Poi col tempo, anno dopo anno, la proposta si è estesa a nuove scuole e ora il Mundialito è conosciuto in tutta Taranto e provincia. Novecento studenti iscritti nelle tre categorie (medie, liceo e università), 300 partite disputate e circa 50 volontari impegnati tra segreteria, commissari di campo, realizzazione dei manifesti e sito internet. Come si spiega tutta questa partecipazione? «In febbraio e marzo, quando sono aperte le iscrizioni, giriamo le scuole e incontriamo i professori per fare una proposta educativa precisa. Sintetizzata dal titolo, che quest’anno è ripreso dal Meeting: “Il cuore ci spinge a desiderare cose grandi”», spiega Alessandro. «Il Mundialito è diventato una garanzia per tutti, ciò che ha fatto la differenza è stata un’accoglienza persona per persona».
Ma cosa c’entra il titolo scelto con un torneo di calcio? «Lo si capisce guardando le partite», continua Alessandro. «Di fronte a chi fa uno sforzo agonistico, a chi dà tutto se stesso per fare una bella azione di gioco spesso mi capita di commuovermi: lì c’è tutta la grandezza del desiderio dell’uomo». La voglia di vincere tra i ragazzi è tanta e, come in ogni torneo di calcio, non mancano risse e lamentele per gli arbitraggi. Ma neanche l’arrabbiatura per una eliminazione ingiusta cancella ciò che di bello si è vissuto e incontrato partecipando al Mundialito. «Un ragazzo dopo una partita è venuto a parlarmi. La sua squadra era appena uscita dal torneo, erano volati insulti con gli avversari. Mi ha ringraziato e mi ha chiesto come poteva darci una mano per l’organizzazione. Gli ho proposto di fare il volontario con me l’anno dopo».
Oppure la lettera scritta da un genitore. Racconta di suo figlio che si è rotto il braccio in uno scontro di gioco, dà la colpa all’arbitro per l’eliminazione della sua squadra ma alla fine aggiunge: «È il secondo anno che partecipo con i miei figli al torneo e in entrambe le occasioni ho potuto apprezzare l’ottima organizzazione e non posso che farvi i complimenti. E ringraziarvi per tutto quello che fate per i nostri figli, che grazie a voi possono sognare, essere protagonisti e divertirsi».
Alessandro ha finito l’università da qualche anno e ora lavora in un’azienda che si occupa di energie rinnovabili. Il tempo libero è poco e le ore che il Mundialito gli chiede tante. «Quest’anno per me non è stato affatto scontato prendere iniziativa. È stato importantissimo una sera quando don Gino, il nostro responsabile, ci ha convocati e ci ha chiesto ad uno ad uno cosa volessimo fare del torneo. Di fronte a lui e alla sua passione educativa, che ha innanzitutto verso di me, non mi sono tirato indietro».
Tra i volontari c’erano anche tre ragazzi del servizio civile. Sei ore al giorno dedicate al Mundialito, in stretto contatto con Alessandro. «Una di loro qualche giorno fa mi chiede: “Alessandro, ma perché sei così? Ti vedo contento in un posto in cui io non starei neanche morta, cioè la Chiesa”. Poi, visto che stavo dedicando tanto tempo per preparare la festa di santa Rita, ha voluto che gli raccontassi la storia della santa».
Il 2 giugno, come ormai è tradizione, c’è stata la festa finale con le premiazioni. Per l’occasione è stato allestito un palco con passerella per far sfilare, davanti ai duecento ragazzi e ai tanti professori presenti, le squadre vincitrici. Poi è stato proiettato un video che ha sintetizzato i due mesi di esperienza del Mundialito, con interviste ai partecipanti e le immagini più spettacolari delle partite. Alla fine, il saluto dei due ospiti d’onore: il presidente del Coni provinciale e l’assessore allo sport del comune di Taranto, che salendo sul palco non è riuscito a trattenere le lacrime. «Si è commosso nel vedere lo spettacolo del popolo del Mundialito. Ci ha ringraziato dicendoci: “È da tanti anni che non vedo fare sport come lo fate voi”».