Giacomo Poretti in Cometa.

Dietro una risata? C'è un miracolo

Un maestro d'eccezione alla scuola Oliver Twist di Como: Giacomo Poretti, attore e comico del famoso trio, racconta ai ragazzi del suo incontro con il teatro. Una passione che non l'ha più lasciato. Perché nasce dall'«amore per la realtà»
Paola Bergamini

Quando nel tardo pomeriggio del 12 maggio la macchina varca il cancello di Cometa (l’esperienza di accoglienza di quattro famiglie a Como), una decina di ragazzini sono lì pronti ad attenderlo. Tutti tesi, emozionati. Giusto il tempo di farlo scendere, e poi quattro più temerari gli si stringono intorno, quasi ad accertarsi che è proprio lui. Lui è Giacomo Poretti, quello che con Aldo e Giovanni forma il famoso trio comico. Luca Doninelli, scrittore, ma qui in veste di direttore della “Scuola di scrittura creativa Giovanni Testori” presso l’istituto di formazione professionale Oliver Twist - nata nel solco dell’esperienza educativa di Cometa e rivolta soprattutto a ragazzi che con la scuola tradizionale hanno chiuso, i cosiddetti dropout -, gli ha chiesto di tenere il primo di un ciclo di incontri sul tema: «Cosa c’è dietro...». In questo caso a una risata. Perché, come scritto nel foglio di invito: «Una cosa bella non è solo il frutto della bravura di chi l’ha fatta, ma anche l’espressione seria di un gusto della vita. Dietro ogni cosa bella c’è il lavoro (spesso duro) di una persona che desidera dare forma al proprio amore per la realtà». Anche nel far ridere.
I ragazzi stanno aspettando nell’aula magna... Ma c’è tempo per un breve giro e un caffè a casa di Erasmo e Serena, una delle famiglie da cui è nata quest’opera di comunione e accoglienza. Una ragazzina cammina a fianco di Giacomo e spiega: «Vieni, ti facciamo vedere la piscina, che adesso è chiusa, e il campo da calcio». E lui, zaino in spalla, giusto una spanna più alto di lei, la segue e ascolta. A casa di Erasmo e Serena, mentre Luca racconta come ha conosciuto Giacomo durante l’incontro del Papa con gli artisti il 21 novembre 2009, è un continuo andare e venire di ragazzini. Solo uno è immobile, un po’ in disparte, timoroso. Serena lo guarda: «Vieni qua. Non ti preoccupare». Il bimbo scavalca tavolini e gambe varie e si siede accanto al comico, tira fuori il suo diario e un po’ sottovoce: «Me lo firmi? Per i miei compagni». Giacomo guarda la copertina con la scritta “Milan”, si ferma, lui interista, e poi: «Per questa volta!». Ma ormai alla scuola scalpitano...
Appena Giacomo mette piede nell’aula magna è un’ovazione di applausi. Non c’è un posto libero. L’età varia dai 5 ai 18 anni. Nessuno ha voluto perdersi questo incontro. Perché come Luca introduce: «Voglio farvi conoscere amici appassionati a raccontare... cosa c’è dietro la loro passione. E Giacomo è uno di questi». Non ci sono discorsi iniziali: tutto l’incontro è incentrato sulle domande che i ragazzi hanno fatto pervenire. Il filo rosso che le unisce è uno solo: cosa è successo nella sua vita. Luca legge la prima: «Quando e come hai scoperto di essere simpatico? E come questo si è trasformato in professione?».
Giacomo racconta di sé e sarà così fino alla fine. «Una delle grandi fortune che ho avuto nella mia vita sono stati i miei genitori. In casa mia c’era un clima allegro tanto che mi sembrava fosse sempre Natale. Io stesso cercavo di gareggiare con mia mamma e mio zio, suo fratello gemello, in simpatia. L’altra fortuna per me è stata l’oratorio: c’era un prete, don Giancarlo, innamorato del teatro e così un giorno, avendo bisogno di alcuni bambini, per una rappresentazione... Ha chiamato me. In fondo tutto è iniziato da lì». Ma “da grande” Giacomo per dieci anni è stato infermiere e la passione per il teatro sembrava accantonata. Cosa è successo? «La vita ti porta a fare incontri imprevisti e a prendere strade che non pensavi. Io ero contentissimo del mio lavoro di infermiere, e comunque avendo i turni non potevo studiare. Poi sono diventato caposala e la sera ero libero. Mi sono iscritto a un corso di teatro. La vita dà sempre delle opportunità. Se vivi con intensità le porte si aprono. A un certo punto c’è stato l’incontro con Aldo e Giovanni». Siete molto amici? «Ricordo lo stupore nel 1985 quando li ho visti in scena per la prima volta. Ho pensato: “Hanno dentro una magia. Io voglio lavorare con loro”. La passione ti porta. Sono amico loro perché li ho incontrati. Il nostro è un rapporto per la vita, con momenti bellissimi e altri più faticosi». Nelle vostre performance tu di solito sei il buono, Aldo... Giacomo prende al volo la frase: «Aldo il rimbambito, Giovanni il pignolo». Risata generale. Come sono nati questi ruoli? «In ognuno c’è una traccia di sé. Quando ci ritroviamo a scrivere i nostri spettacoli partiamo sempre da una situazione generale e poi ognuno si “ritaglia” il proprio personaggio». E la battuta come nasce? Qualche secondo di silenzio. «È un mistero. Viene come il pensiero. Arriva dal talento. Non si conosce il processo intimo che c’è dietro. E un po’ un miracolo. La vita è un miracolo». Strana questa parola in bocca a un comico. Eppure ricorre più volte. E non è mai giustapposta. Spiegala: «La vita è vita, meravigliosamente bella di per sé. Che accadano cose belle è ancora più miracoloso. Il miracolo è un dono. Certo i miracoli finiscono perché altri ne iniziano. Noi poi facciamo un lavoro così bello... Ci occupiamo di uno stato d’animo stupendo: l’allegria».
Dopo più di un’ora sono quasi tutti ancora lì. A malincuore qualcuno è dovuto andare perché si è fatto tardi. Iniziano le domande libere. Le mani si alzano. Anche quelle dei più piccoli. Tanti ancora vogliono sapere del suo lavoro di infermiere, come è riuscito a farcela... In fondo chiedono di sé, la conferma che una possibilità c’è. Che la passione per la vita e degli incontri possono cambiare. Esattamente quello che succede nella loro scuola, da cui non scappano più.
Alla fine Giacomo chiede se può leggere un racconto di Guareschi tratto da Mondo piccolo. «Tre minuti al massimo», tranquillizza. I minuti sono molti di più, ma non fiata nessuno. Anzi. Non si perdono una sillaba. Anche lì in quelle parole, scritte tanto tempo fa, c’è una passione. Per la vita.