Il Papa e il pastore Jens-Martin Kruse.

Riscoprirsi insieme

Parla monsignor Franco Buzzi, grande esperto del pensiero di Lutero. Le ragioni della visita. I passi fatti (e quelli non fatti). E le differenze, che «non impediscono la comune testimonianza». (Da "Tracce" di ottobre)
Luca Fiore

Molti si sono chiesti che cosa ci sia da festeggiare. Perché un Papa dovrebbe recarsi a Lund, in Svezia, per celebrare i 500 anni dalla Riforma protestante? In fondo ha portato al più grave scisma degli ultimi secoli ed è stata fonte di incalcolabile sofferenza per l’Europa. Ebbe inizio nel 1517 con la pubblicazione delle 95 tesi di Martin Lutero. Sfociò nel bagno di sangue delle Guerre di religione e proseguì con una spaccatura durata, appunto, fin qui.
Eppure negli ultimi decenni qualcosa è cambiato e ha portato cattolici e luterani a non concepirsi più come nemici. E già questo è un grande passo.
Lo sa bene monsignor Franco Buzzi, prefetto della Biblioteca Ambrosiana, grande esperto del pensiero di Lutero, che ci guarda dalla sua scrivania avendo alle spalle un armadio che raccoglie i 110 volumi dell’Opera omnia in lingua originale del monaco tedesco.

Un Papa che prega con i luterani per ricordare la Riforma. Sarebbe stato impensabile un secolo fa...
Sì, siamo scesi dalle barricate. Fino all’altro ieri, prima del Concilio Vaticano II, l’atteggiamento era conflittuale. Oggi non è più così. Cerchiamo insieme di vedere ciò che ci unisce nel profondo. Il Battesimo, ad esempio, che è già una cosa enorme.

All’incontro di Lund si arriva con un documento congiunto del 2013, che si intitola: Dal conflitto alla comunione.
È stato messo a punto dalla commissione luterana-cattolica proprio in vista di questo anniversario e contiene l’indirizzo che anche il Papa ha deciso di prendere. Non si tratta di una presa di distanza, anzi cerca di chiarire tutto ciò che è possibile condividere. È un atteggiamento che parte dalla Unitatis redintegratio, il documento conciliare del 1964 da cui si è iniziato a pensare all’ecumenismo non più come alla volontà di costringere i fratelli separati a rientrare nella Chiesa cattolica.

Quel che colpisce del documento del 2013 è il lavoro di purificazione dello sguardo sulla storia. Perché è stato necessario questo lavoro?
I recenti studi hanno fatto emergere, mi pare, che ciò che è avvenuto all’inizio della Riforma luterana non era qualcosa di irreversibile. Sono convinto che ci sono stati degli anni, i primissimi, in cui ci sarebbe stato ancora spazio per un’intesa che evitasse lo scisma.

In che senso?
La causa scatenante fu la denuncia da parte di Lutero dell’abuso che si faceva della compravendita delle indulgenze. Da una parte si offriva il perdono dei peccati senza la garanzia di una reale conversione, dall’altra si raccoglievano soldi che andavano ad arricchire le casse dello Stato pontificio e non venivano spesi per i poveri. In realtà, il vero scontro fu sulla cosiddetta Dottrina della giustificazione. Il modo tutto particolare di Lutero di spiegare questo nodo teologico era, tutto sommato, abbastanza in linea con alcune correnti teologiche a lui contemporanee. Se ci si fosse concentrati sul quel punto, con più pazienza, con la volontà di mettersi in discussione...

Quale fu il problema?
Il Papa era un Medici, Leone X. Era diventato Cardinale giovanissimo, secondo la logica ecclesiale delle grandi famiglie per la quale avere un Papa in famiglia era una garanzia dal punto di vista politico. Non si trattava di un Alessandro VI, ma Leone, diciamo, era concentrato su altre questioni. Così, da subito, scelse di spegnere l’incendio senza destare scalpore.

Senza cercare di capire...
Sì, invitò i teologi che si dovevano occupare del caso a tenere una linea rigida. Quel che è seguito è un groviglio da cui non si è più potuti tornare indietro. Anche perché, questo va detto, la posizione di Lutero e la sua feroce critica al Papato facevano comodo ai principi tedeschi, perché creava il presupposto per la nascita di una Chiesa nazionale. Era il modo per sgravarsi dagli obblighi, anche finanziari, che Roma continuava a imporre.

Nel 1999 è stata firmata una dichiarazione congiunta tra cattolici e luterani proprio sulla Dottrina della giustificazione.
Quello è un documento importantissimo. Stabilisce che cattolici e appartenenti alla Federazione luterana mondiale sono d’accordo sul fatto che ci si salva, si è giustificati, solo attraverso la fede. E si dice che per quanto siano diverse le modalità di esprimere questa realtà, e le sfumature a cui si arriva per spiegarla, non esistono le basi per una reciproca scomunica.

Che cosa significa che si è giustificati solo attraverso la fede?
Significa che, come spiega san Paolo, noi godiamo della comunione con Dio non per quello che noi facciamo di buono con le nostre forze o con la nostra intelligenza, ma quando accogliamo la parola che Dio ci rivolge, attraverso l’Antico Testamento e poi con la persona di Gesù Cristo. Quindi Dio ci dice attraverso la Sua parola, che è legge, che siamo peccatori. Ma sempre con la Sua parola - che è Gesù incarnato, morto e risorto - ci annuncia anche che, nonostante il nostro peccato, Lui ci ama e ci perdona.

Quali sono le accuse che sono cadute?
Ci sono delle formulazioni negli scritti di Lutero, che a lungo sono sembrate inaccettabili. Da parte cattolica si è pensato che secondo la sua concezione della giustificazione, all’uomo fosse semplicemente non imputato il peccato, pur continuando egli di fatto a rimanere peccatore. Ma anche per Lutero la fede è un dono che rigenera realmente l’uomo e da essa deriva effettivamente la bontà delle opere.

Alcuni sostengono che, in ogni caso, Lutero ha cercato di creare la divisione.
No, non voleva. Non aveva mai pensato a una Riforma come alla nascita di un’altra Chiesa. Questo nemmeno alla fine. Ha sempre desiderato soltanto riformare l’unica Chiesa di Cristo.

Ma è un fatto che storicamente quel punto è stato l’inizio della proliferazione delle divisioni.
Al di là della sua volontà, sono poi intervenuti gli altri e lui è diventato una pedina in mano ai principi tedeschi.

Ma al di là del nodo della giustificazione, restano diverse difficoltà non da poco: i Sacramenti, la concezione della Chiesa...
È un discorso complesso. Occorrerebbe tener conto, ad esempio, anche del motivo per cui Lutero si trovò nella situazione di dover ordinare pastori prescindendo completamente dalla Chiesa cattolica. La Chiesa di Cristo va avanti attraverso i Sacramenti e, non trovandosi nella condizione di poter procedere col consenso di Roma, si è andati avanti senza.
Sì, ma si è finiti per non ritenere più Sacramenti la confessione, il matrimonio, l’ordine...
C’è un aspetto per cui la differenza potrebbe essere considerata solo terminologica e quindi superabile. Per l’ordinazione sacerdotale o il matrimonio abbiamo, attraverso la benedizione, qualcosa che è abbastanza vicino, salve fatte le differenze dottrinali, al Sacramento cattolico. Invece, quando Lutero parla del sacrificio della messa, dimostra di avere un concetto di sacrificio eucaristico che non corrisponde in nessun modo nemmeno alla teologia cattolica del tempo. Questi sono dei limiti...

Eppure Lutero dice di riconoscere la presenza reale nell’Eucaristia.
Sì, è così. Lui nega la validità della dottrina della transustanziazione, come modo di spiegare quanto accade nella consacrazione, ma per lui è vero che «questo è il Mio corpo». Poi c’è il nodo della concezione della Chiesa: quella luterana è una Chiesa apostolica? Cioè: che cosa garantisce il rapporto con gli apostoli, visto che si è interrotta la successione storica diretta? Sono nodi che vanno approfonditi e ancora chiariti.

Papa Francesco sembra voler sottolineare l’aspetto della preghiera e dell’aiuto ai poveri, che possono essere fatti insieme. Le distinzioni teologiche passano in secondo piano?
Lo spirito ecumenico richiede che si facciano insieme tutte le cose che si possono fare insieme: esistono forme concrete di testimonianza che accomunano tutti. Certo, le differenze teologiche che rimangono devono essere approfondite e chiarite, ma non possono impedire la comune testimonianza da rendere a Cristo.

Alcuni vedono in questo riavvicinamento il rischio di protestantizzare la Chiesa cattolica.
Negli scritti di Lutero si può trovare tanto nutrimento spirituale. L’idea di fede, di obbedienza, di conversione della propria vita alla luce del Vangelo, di una vita “patita” con Cristo... Anche Benedetto XVI ne ha apprezzato pubblicamente la religiosità. Sono aspetti condivisibili e che possono far bene. Non c’è motivo di temere. Si possono apprezzare rimanendo dentro la nostra tradizione. Ma il punto è un altro.

Quale?
Questa paura nasce se non si è assimilata fino in fondo l’appartenenza a Cristo. Perché Cristo non divide, unisce. Se leggo il capitolo 16 di Matteo e quello che il Signore ha detto a Pietro dopo la Risurrezione, mi appare evidente che esista il Primato. Perché Lutero è arrivato a non vederlo più? Perché pensava a Pietro avendo negli occhi Leone X e gli immediati predecessori. È una logica che non corrisponde alla Scrittura, ma è capitato che prevalesse. Non mi scandalizza. Quello che voglio dire è che soltanto chi è serenamente convinto dell’appartenenza alla propria confessione può aprirsi agli altri. Il resto sono atteggiamenti dettati dall’insicurezza. È la paura a chiudere. La fede vissuta apre.