L'udienza del Papa con i ragazzi delle scuole gesuite

Le domande difficili dei bambini

«Come ci si sente a essere Papa?». «Tu che amore provi per Gesù?». Sono gli interrogativi di un gruppo di giovani studenti delle scuole gesuite in udienza da Francesco. Gli stessi a cui il Pontefice risponde in un libro oggi in uscita
Gianluca Biccini

Il Papa prega ogni giorno per la Cina, davanti a un’immagine della Madonna di Sheshan, e tra i suoi santi preferiti oltre a Ignazio di Loyola e Francesco d’Assisi, c’è anche la giovane Teresa di Lisieux. Lo ha confidato egli stesso a una quindicina di bambini di tutto il mondo incontrati, nel pomeriggio di lunedì 22 febbraio, nello studio dell’Aula Paolo VI.

Rappresentavano gli studenti tra gli otto e i tredici anni, di vari istituti scolastici tenuti dai gesuiti in diverse parti del mondo, che su iniziativa del gesuita Antonio Spadaro hanno formulato una serie di domande presentate lo scorso agosto dal direttore della «Civiltà Cattolica» al Pontefice. Ne è nato il libro, pubblicato in varie lingue, che è stato presentato nel corso di un incontro, segnato dalla spontaneità e dall’innocenza dei bambini: una vera e propria festa, protrattasi per circa un’ora, alla quale hanno partecipato, tra gli altri, il cardinale Luis Antonio G. Tagle, presidente di Caritas internationalis, e alcuni genitori ed educatori dei piccoli protagonisti. Uno speciale dell’avvenimento viene trasmesso negli Stati Uniti d’America oggi, 25 febbraio, dalla rete televisiva Abc.

Accompagnato dal prefetto della Segreteria per la comunicazione, monsignor Dario Edoardo Viganò, il Papa al suo ingresso è stato accolto dal lungo applauso dei presenti. E i bambini che erano seduti a terra si sono alzati per andare ad abbracciarlo.
Il primo a prendere la parola al microfono è stato il porporato filippino, che ha rivolto un augurio al Pontefice per la festa della cattedra dell’Apostolo Pietro, ringraziandolo di aver deciso di celebrarla con i bambini. «Mi ricordano Gesù all’età di dodici anni - ha detto in inglese il porporato - quando nel tempio di Gerusalemme cominciò a fare domande ai maestri. Oggi voi - ha aggiunto parlando direttamente a loro - rivolgete domande al successore di san Pietro, il quale è molto felice di leggere le vostre domande e di rispondervi». E subito ha preso il via il primo dei diversi scambi di battute che hanno caratterizzato l’incontro. Il Papa ha infatti commentato: «Però io credo che san Pietro allontanasse i bambini da Gesù». «Ma lei non li caccia, anzi al contrario» è intervenuto padre Spadaro, il quale ha ricordato che a maggio il Papa aveva accettato volentieri la sua proposta di pubblicazione, poi realizzata grazie alla Loyola Press. Quindi ha presentato due collaboratori della casa editrice, Terry Locke e il gesuita Paul Campbell, e il giovane studente Andrij, anch’egli della Compagnia, che ha fatto da interprete traducendo in spagnolo, in italiano e in inglese i vari interventi. E subito il Papa ne ha approfittato per un’altra battuta: «Siamo troppi qui».

Subito dopo però Francesco è tornato serio per fare una premessa in spagnolo. «Voglio dire una cosa ai bambini e agli adulti: le domande più difficili che ho ricevuto non sono state fatte dai professori agli esami, ma sono le domande dei bambini. Perché rispondere alle domande di un bambino ti mette in difficoltà, perché il bambino ha qualcosa che guarda all’essenziale e fa domande dirette, e ciò ha un effetto di maturazione interiore su chi ascolta la domanda. Così i bambini fanno maturare gli adulti con le loro domande».

Al successivo scambio dei doni, ciascuno dei piccoli ha portato un regalo, soprattutto prodotti alimentari tipici dei Paesi di provenienza, ma anche un paio di stivali, il disegno di un crocifisso e uno con l’invito a visitare Singapore, uno scialle, un pallone da calcio e persino boccali da birra. Per prima si è alzata Clara (Irlanda), seguita da Ryan (Canada), Alexandra (Filippine), Luca e la sua sorellina (Australia), Alessio (Italia), Carolina e Juan Pablo (Argentina), Natasha (Kenya), William (Stati Uniti d’America), Faith (Singapore), Judith (Belgio), Mansi (India) e Yfan (Cina). Per ciascuno Francesco ha avuto un gesto d’affetto.

Al momento delle domande, ancora una volta la bambina irlandese ha rotto gli indugi chiedendo quale aspetto preferisse dell’essere Papa. «L’avevo detto che i bambini fanno le domande più difficili», ha commentato Francesco, e ha continuato: «È essere con la gente, essere vicino alla gente mi piace tanto perché quando sei con un anziano, un bambino, una ragazza, un uomo grande, ognuno ti insegna qualcosa della vita e ti fa vivere la vita. E si crea il rapporto con la gente. Io quando sto con la gente imparo sempre qualcosa. E questo è molto importante per la vita: quando incontro una persona mi chiedo cos’ha di bello questa persona, che cose buone mi ha insegnato o cosa non mi è piaciuto». In proposito ha voluto sollevare lui stesso un interrogativo: «È meglio stare con la gente o stare separati dalla gente?». E alla risposta «Meglio insieme!», ha ribadito: «Per essere felici nella vita bisogna costruire ponti con la gente».

Alla ragazzina filippina che ha domandato cosa gli sarebbe piaciuto fare se non fosse stato Papa, Francesco ha spiegato che quando avevo più o meno la sua età andava con sua madre o sua nonna al mercato a fare le spese. «Allora non c’era il supermarket. C’era il mercato nella strada che si chiamava “feria” e c’era il posto della verdura, della frutta, della carne. E a me piaceva vedere come il macellaio tagliava la carne, con quale arte! E quindi dicevo che avrei voluto fare il macellaio. Poi ho studiato chimica, ma quella fu la prima vocazione». Dalla bambina di Singapore è arrivata la domanda sui santi preferiti. «Ho tanti santi amici - ha risposto il Pontefice - e non so quale ammiro di più. Però sono amico di Teresina di Gesù, di sant’Ignazio e di san Francesco. Ammiro ognuno di loro per una differente ragione, però loro sono i tre che sono di più nel mio cuore».

La piccola kenyana lo ha interrogato su come ci si senta a essere Papa. «Mi sento tranquillo - ha affermato Francesco - e Dio mi ha dato la grazia di non perdere la pace. È una grazia di Dio. Mi sento come uno che sta terminando la mia vita qui con molta pace. Mi sento bene per questo, sento che Dio mi dà pace. E al contempo mi dà allegria, per esempio questo incontro con voi mi rende molto felice. Quando padre Spadaro mi parlò di questa iniziativa, gli dissi: tu sei pazzo! Ma senza dubbio questo significa molto, perché io posso essere ponte con ognuno di voi».

Il bambino italiano ha chiesto al Pontefice cosa lo avesse convinto ad accettare l’elezione. «Avevo accanto a me - ha ricordato il Papa - un grande amico, un brasiliano che ha più di ottant’anni adesso, il cardinale Hummes. E quando vidi che potevo essere eletto mi ha detto: “Non ti preoccupare, qui c’è l’opera dello Spirito Santo”. E poi quando sono stato eletto, lui mi ha abbracciato e mi ha detto: “Non ti dimenticare dei poveri”. Mi ha messo davanti due personaggi lo Spirito Santo e i poveri. E ciò mi ha convinto ad accettare e a scegliere il nome di Francesco».

Lo stesso bambino catanese ha poi domandato in modo diretto e un po’ imprevisto: «E tu che amore provi per Gesù Cristo?». Il Pontefice ha risposto con umiltà di non essere sicuro di amarlo veramente, ma che “cerca” di amarlo. Inoltre, ha proseguito, «ciò di cui sono sicuro è che lui mi ama: di questo sono sicurissimo».

Il ragazzino del Canada ha chiesto se prima di essere Papa fosse tanto religioso come adesso. «Io sono vecchio - ha confidato Francesco - ho ottant’anni. La vita di una persona non è così sempre [traccia una linea retta col dito]; la vita di una persona è così [traccia una serie di onde]: ci sono momenti gioiosi e momenti in cui sei giù; ci sono momenti di grande amore a Gesù e ai compagni e a tutta la gente. E ci sono momenti dove l’amore alla gente non c’è e tu tradisci un po’ l’amore di Gesù. Ci sono momenti in cui ti sembra di essere più santo e altri in cui sei più peccatore. La mia vita è così [di nuovo fa il segno delle onde]: non spaventarti mai se vivi un momento brutto. Non spaventarti mai se fai un peccato. L’amore di Gesù è più grande di tutto: va’ da lui e lasciati abbracciare».

Dopo un piccolo intermezzo sull’età di Bergoglio, provocato da un errore di traduzione, il ragazzino americano ha domandato se è difficile essere Papa. «È facile e difficile - ha detto Francesco - come la vita di qualunque persona. È facile perché c’è tanta gente che ti aiuta: per esempio tutti voi mi state aiutando ora, perché il mio cuore è felice di lavorare meglio e fare tante più cose. E ci sono momenti difficili perché le difficoltà esistono in tutti i lavori: dunque ci sono le due cose».

Il ragazzino argentino ha voluto sapere qualcosa in più sulla scelta del nome Francesco. «Quando sono stato eletto - ha di nuovo spiegato il Pontefice - il cardinale brasiliano che avevo al fianco mi ha abbracciato dicendomi: non ti dimenticare dei poveri. In quel momento mi è cominciata a frullare per la testa la parola “poveri” e quindi san Francesco di Assisi e così ho scelto il suo nome». La bambina belga ha chiesto invece perché vivesse a Roma: «Perché il Papa è il vescovo di Roma. Prima è vescovo di Roma e per questo è Papa», è stata la risposta.

Infine il ragazzo cinese, il più grande del gruppo, ha domandato quante volte prega ogni giorno e come prega Francesco. Nelle risposte, oltre alla confidenza sulla sua devozione alla Madonna di Sheshan e sulla preghiera per i cinesi, il Pontefice ha stilato una sorta di agenda della sua giornata: «Prego al mattino quando mi sveglio, prendendo il libro di preghiere che usano tutti i sacerdoti, il Breviario; poi prego quando celebro la messa, quindi recito il rosario. Consiglio di avere sempre il rosario con voi. Io lo tengo nella tasca. Nel pomeriggio adorazione del Santissimo Sacramento: questi sono i momenti formali. Ma mi piace anche pregare per le persone che incontro. Vi ho mostrato il rosario e ve ne regalerò uno per ciascuno, ma in tasca ho anche una Via crucis: e quando vedo quello che Gesù ha sofferto per me, per ognuno di noi, per amore, ciò mi rende più buono».

Conclusa la conversazione, l’ideatore dell’iniziativa editoriale della Loyola press, Tom Mc Grath, ha consegnato al Papa tutte le lettere non pubblicate, quindi i bambini si sono alzati in piedi per una foto ricordo che in qualche modo riproduceva un disegno realizzato dalla piccola belga e hanno intonato un breve canto in spagnolo. Infine, prima della benedizione, è stato distribuito ai presenti Jesus Teacher, un pupazzo di pelouche che serve ai bambini per pregare. «Vi ringrazio di questa visita, perché - ha concluso Francesco - per Gesù i bambini erano come il riflesso della strada verso il Padre. Quando incontro i bambini esco ringiovanito e prego perché la loro vita sia buona: e una cosa che mi commuove molto e mi provoca dolore, è quando saluto i bambini malati all’udienza generale. Allora mi viene la domanda - che già si faceva il grande Dostojevski - perché soffrono i bambini?», assicurando che persino il Papa, «che sembra sapere tutto e avere tutto il potere», non sa proprio rispondere a questa domanda. «L’unica cosa che mi dà luce - ha ammesso - è guardare la croce di Gesù, guardare perché Gesù soffre per noi. È l’unica risposta che incontro». Un “messaggio”, questo, che vale anche per gli adulti, ai quali il Pontefice ha raccomandato «di stare vicini ai bambini che soffrono e di insegnare a stare vicino ai bambini che soffrono».

(da L'osservatore romano, 26 febbraio 2016)