Chiesa dell'Immacolata Concezione a Baku, Azerbajdzhan.

La conversione di Bekhbud

Viene dall'Azerbajdzhan ed è stato ordinato diacono lo scorso maggio. Fino a otto anni fa non aveva mai sentito parlare della Chiesa cattolica. Dalla vita di giovane diplomato all'Accademia Aeronautica alla scelta del sacerdozio: ecco la sua storia
Giovanna Parravicini

Il seminario cattolico di San Pietroburgo ospita una dozzina di studenti provenienti da tutto il territorio dell'ex Urss, insieme ad alcuni insegnanti e al rettore, don Pietro, sacerdote italiano di Faenza. È una presenza esigua, eppure racchiude e continua una grande storia: la storia di tanti "sì" pronunciati in circostanze molto diverse —ieri dai futuri martiri e confessori dell'epoca sovietica, e oggi da ragazzi che vivono una situazione di apparente normalità— che a volte svela all'improvviso la sua segreta, miracolosa trama unitaria. Me l'ha fatto capire la storia che ci ha raccontato qualche giorno fa uno dei miei studenti di arte sacra ordinato diacono il 30 maggio scorso, Bekhbud Mustafaev: viene dall'Azerbajdzhan, una delle repubbliche del Caucaso, appartiene a una famiglia molto in vista (il padre è musulmano e la madre la "classica persona sovietica, con una religiosità indefinita"), e fino a otto anni fa non aveva mai sentito parlare della Chiesa cattolica né tantomeno vi aveva messo piede. Dopo essersi diplomato all'Accademia Areonautica, nel 2008 comincia a lavorare. Ma una sera —racconta-, "tornando a casa dal lavoro in auto (era autunno, pioveva e faceva freddo), d'un tratto ho visto davanti a me una chiesa (poi ho saputo che era cattolica), a tutt'oggi l'unica in Azerbajdzhan. Mi è venuto in mente di fermarmi e dare un'occhiata. Ho fatto il giro dell'edificio e ho deciso di suonare il campanello. Quando mi hanno aperto, mi hanno spiegato che era una chiesa cattolica, non ancora aperta al culto perché avevano appena finito di costruirla. E, sebbene non mi conoscessero, mi hanno lasciato entrare". In Bekhbud quella visita solleva una sorta di "terremoto interiore": "Fino a quel momento mi sentivo un adulto —ero un ufficiale, avevo già venticinque anni—ma adesso ero lì come un bambinetto. Ho ringraziato e sono uscito in silenzio, la porta si è richiusa alle mie spalle. Ma io ero un altro"... (continua a leggere su ilsussidiario.net)