Chieffo con Giovanni Paolo II.

L'inizio della strada (bella)

Il 9 marzo il cantautore forlivese avrebbe compiuto settant'anni. Nelle sue parole, il racconto di come è nata la canzone dedicata a Giovanni Paolo II. E che dà il titolo al filmato per i 60 anni di CL

Il 16 marzo del 1980, durante l'incontro del Santo Padre con Comunione e Liberazione, Claudio Chieffo cantò davanti a Giovanni Paolo II la canzone La strada, a lui dedicata.
Così il cantautore forlivese ricorda quel momento: «La strada nasce dai miei viaggi per andare a cantare, dalla certezza che stavo facendo quello che dovevo - è la gioia della vocazione - e dall'incontro con la grande personalità di Giovanni Paolo II. Lo vedevo felice, nei suoi primissimi viaggi, e pensavo quanto doveva essergli costato lasciare la Polonia. Quando sentì La strada, il suo sguardo era pieno di una dolcezza e di una gratitudine enormi. Ricordo l'abbraccio della prima volta in cui gliela cantai, un abbraccio che non cambierei con nulla» (da La mia voce, le tue parole di Paola Scaglione, ed. Ares).


Qui gli appunti da un concerto di Chieffo negli anni Ottanta:

«È una canzone nata dalla lontananza. Ho 35 anni, abito a Forlì e vivo facendo l'insegnante; il sabato e la domenica viaggio per fare spettacoli all'estero. In questi viaggi io non vado via volentieri da casa, perché ultimamente dovendomi portare dietro l'amplificatore non posso portare con me mia moglie, perché nella mia macchina ci stanno solo le chitarre e le casse. Quindi viaggio spesso da solo con il mio chitarrista, mio amico.

Viaggiare, star lontano da casa mi costa molto, non ci sto volentieri, infatti la canzone dice: «È gialla tutta la campagna ed io ho già nostalgia di te...», perché a me la nostalgia mi frega subito, nei primi due chilometri, comincio a guardare in giro e sarei tentato di uscire a Faenza o a Cesena e tornare indietro. Però, dice la canzone, «dove vado c'è chi aspetta, così ti porto dentro me».
Quando mio figlio mi dice: «Babbo, ma non vai via anche oggi a cantare...», «Sì», dico, «vado via». «Ma babbo non devi andare, io non voglio». «Ma guarda, Martino, che vado perché è importante dire alla gente che Dio esiste ed è grande, che si può vivere insieme nel Suo nome ed è una vita bellissima». «Va bene, devi andare via, ma dì la verità che ti piacerebbe restare!». Mi viene una cosa qua... un groppo, poi prendo e vado. Oppure, nei momenti di tenerezza, mi chiede: «Babbo, vai in autostrada?». E io penso, poverino si preoccupa della difficoltà del percorso... «Sì, vado in autostrada, ma non ti preoccupare». «Se sono aperti i negozi, mi porti qualcosa?».

Allora, andare via è doloroso, però è molto bello perché stasera quando andrò a casa, se non ho trascorso da stupido questo incontro, avrò nostalgia di voi, e vi porterò con me e a casa ci sarà chi mi aspetta.
Questo, se succede i primi anni di lavoro può essere anche di esaltazione, ma quando ti viene dentro il cuore dopo diciotto, diciannove anni di strade, autostrade, treni, panini, notti insonni... è veramente molto bello, è una cosa che non scambierei con nulla.
Dicevo l'altra sera con gli amici: è veramente grande Dio, è grande veramente questa vita, perché queste cose che accadono a me, che io non avrei mai immaginato e che possono accadere a tutti, sono impensabili, inimmaginabili, insperabili.

Dalla lontananza nasce questa canzone che ho fatto per mia moglie. È nata quasi per telefono, durante alcuni viaggi in cui io ero molto lontano e sentivo forte il desiderio di starle vicino. Non è che io quando sono a casa sono un bravo marito, un bravo padre, non è che sia automatica la casa, anzi faccio i miei sbagli, le mie stupidaggini, ma so bene cos'è la famiglia e amo molto mia moglie e i miei figli e soprattutto anche tanto i miei amici. Perciò questa è una canzone di nostalgia, ma come desiderio di una pienezza che tutti possiamo essere insieme. Come voler dire tante cose e cercare una parola sola per dirle».

(appunti di Francesca Toletti Benzoni)