La messa per don Giussani a Dire Dawa, in Etiopia.

ETIOPIA Copti, musulmani e indù alla messa per don Giussani

Anche a Dire Dawa, in una fabbrica messa in piedi da un gruppo di italiani, si è ricordato il fondatore di Cl. I presenti? Un vescovo, delle suore di Madre Teresa, gli operai cristiani. E dei colleghi a sorpresa
Emmanuele Michela

Dall’Italia al Sud America, dall’Asia agli Stati Uniti, non hanno conosciuto confini le messe celebrate nelle scorse settimane in ricordo di don Giussani. Tra le più singolari, senza dubbio, quella officiata a Dire Dawa, in Etiopia, presso lo stabilimento della Consta Ethiopian Concrete (CEC), azienda di origine padovana con più di 250 dipendenti, impegnata nella riabilitazione della linea ferroviaria Addis Abeba-Gibuti. Tra le file di sedie destinate ai fedeli, oltre a diversi operai e dirigenti cattolici, ed a un nutrito gruppo di suore di Madre Teresa, si intravedono anche alcuni colleghi copti-etiopi, musulmani e indù.
«Con questa messa non volevamo solo ricordare don Giussani, cui tanto dobbiamo io e i miei amici della comunità di Cl di Dire Dawa - spiega Walter Panzeri, impegnato in Etiopia per Consta -. Abbiamo voluto proporla a tutti tramite un manifesto appeso in fabbrica, anche perché intendevamo benedire lo stabilimento. Perciò hanno voluto partecipare tanti colleghi e operai».
Così lo scorso 28 febbraio è stato chiamato a celebrare la messa monsignor Woldetensaé Ghebreghiorghis, vescovo del Vicariato apostolico di Harar. Lui stesso è rimasto colpito dalla varietà di credi e culture presenti, tanto che, nonostante avesse deciso inizialmente di celebrare il rito in italiano, ha poi preferito farlo in inglese, pronunciando l’omelia anche in italiano ed amarico.
«Il vescovo ha ricordato come l’uomo, con il suo lavoro e la fatica, contribuisce alla costruzione del regno di Dio - continua Panzeri -, e di conseguenza allo sviluppo della propria dignità umana e del bene del proprio Paese». Esempio di ciò, è la comunità di Cl di Dire Dawa, piccola ma energica: sono solo in quattro, ma con la loro passione hanno messo in piedi una rete di rapporti in grado di coinvolgere centinaia di lavoratori; il vescovo stesso ha indicato questo gruppo come «un bene per la Chiesa e per gli etiopi», data la sua presenza e il suo impegno, anche in campo lavorativo.
Un valore aggiunto notato da monsignor Ghebreghiorghis, ma anche dai tanti operai che, appunto, non si sono fatti problemi a prendere parte ad una celebrazione cattolica. «È stata un’occasione per allargare le nostre conoscenze: coi nostri operai, con il vescovo e le suore, con cui continuiamo a vederci. Ci incontriamo, qualche volta gli portiamo Tracce, e le aiutiamo: in questa zona le religiose curano circa 1.500 persone tra malati, matti, diseredati...».
Al termine della messa c’è stato anche un momento di festa: clima libero e tranquillo, operai e dirigenti insieme a festeggiare una fabbrica riconosciuta ormai da tanti come una strada per costruire il proprio bene. «In molti sono rimasti contenti e ci hanno voluto ringraziare: al di là dell’amicizia e del rispetto con chi conduce l’impresa, ci dicevano di essere venuti riconoscenti della bontà delle cose che stiamo facendo in questa terra».