Don Emilio con alcuni parrocchiani.

«Io sono qua»

La morte di Bruna, che avrebbe voluto fare la "professora". La caccia al tesoro senza tesoro. E i piatti con la Madonna di donna Vanda. Prima puntata del diario di un parroco in una favela di Salvador de Bahia
Emilio Bellani

Non è facile raccontare quanto è accaduto di più significativo in questi ultimi mesi, traboccanti di eventi. Apro la mia agenda e la trovo molto pasticciata, colma di nomi, di orari, di frecce, cancellature, sottolineature e rimandi.

C'è una domanda che mi sento ripetere proprio tutti i giorni, per strada e nelle case: «E padre Ignazio? Come sta padre Ignazio? Hai notizie su di lui?».

Padre Ignazio, lo scrivo per chi non lo sapesse, è il padre e amico del Pime che nel 2008 era presente all’inaugurazione della nostra chiesa: il fondatore della nostra parrocchia. L’ho affiancato nel 2010 ed insieme abbiamo vissuto e lavorato fino al marzo di quest’anno, quando i superiori gli hanno chiesto di lasciare questa favela e la Bahia, per lanciare le reti in un altro angolo del Brasile, in Amazzonia. Duemila e otto chilometri in linea retta, secondo Google.

Partirei a raccontare dal mese di marzo, ma un fatto che ci ha ferito in questi giorni me lo impedisce: per me Bruna era una ragazzina molto speciale, con un'intelligenza acuta e vivacissima, una provocatrice nata. «Da grande farò la professora!», mi diceva e a fatica io trattenevo le risate, perché me lo diceva la ragazzina che più di tutti "tirava scema" ogni insegnante, e che una volta abbiamo allontanato anche dal catechismo, perché ingestibile.

La notizia mi é giunta su WhatsApp: «Emilio, sono Paola. Ho saputo una cosa terribile che è accaduta al Boiadero. Non riesco a scrivere. Ti cerco domani». Paola è la direttrice del nostro Centro educativo, e il messaggio era stato inviato alle 2.33 del mattino.

Bruna non ci ha lasciati per malattia, ma perché è stata uccisa dallo zio. Si è trovata nel posto sbagliato all'ora sbagliata, quando un alterco violento tra ragazzine della favela ha acceso una lite furibonda tra le rispettive famiglie. Un odio atavico tra persone dello stesso sangue? Un regolamento di conti? L'uomo l'ha colpita improvvisamente al collo con un coltello e, prima di stramazzare al suolo, Bruna ha biascicato due parole con l'ultimo fiato in gola: «Meu pai», padre mio.

Hanno stampato, in ricordo di Bruna, una maglietta che conservo nel mio studio e che dice così: «Mais uma estrela que no céu ira brilhar! Esteja com Deus!». L’abbiamo ricordata nella santa Messa domenica mattina, col papà e tante amiche. Certi che quelle due ultime paroline la portavano dritta tra le braccia di un papá piú grande.

Domenica mattina la messa è stata davvero speciale, c’erano con noi gli amici Angelo Abbondio, di Milano, e la figlia Cinzia. La nostra bella chiesa, senza di loro, non esisterebbe, ed io non sarei qua. A loro, che ci accompagnano sempre assieme alla mamma Fernanda (rimasta in Italia), abbiamo chiesto di tagliare il nastro per l'inaugurazione del campo di calcetto a lato della chiesa, rimesso a nuovo. Un torneo a quattro squadre ha reso solenne il momento. Per questo a Messa c'erano decine di ragazzini in divisa, per la maggior parte evangelici, che non avevo mai visto prima. L’assedio al campetto era già cominciato qualche ora prima e tutti i ragazzini avevano gli occhi sgranati dall'incredulità!

La mia giornata era cominciata alle 6, quando, nella nostra chiesetta seminascosta tra le case della favela, sono stati serviti i primi bambini dagli adulti della nostra comunità, che avevano preparato una colazione a base di frutta, torte e caffelatte. Donna Vanda, che ha 75 anni e una casa per bambine bisognose, ha donato a tutti i bambini un piatto su cui aveva incollato l’immagine della Aparecida, la Madonna patrona del Brasile.

E con la piccola statua dell’Aparecida, il 12 di ottobre, si era fatta una bella processione per le stradine. Io col megafono dietro a quattro ragazzine avvolte in vesti colorate, sotto un sole fortissimo. Giunti alla chiesetta, tra canti e spari di mortaretti, siamo stati accolti da un piccolo coro e da tanta gente in festa. La celebrazione si è chiusa, come sempre accade da queste parti, con grosse fette di torta.

Altra festa - sempre con processione e Messa - in un'altra parte del quartiere, il 4 di ottobre, per celebrare san Francesco. La chiesina era stracolma. Alla fine, pollo arrostito e fejoada (piatto per eccellenza della cucina brasiliana). Il pentolone era davvero enorme e quello che è avanzato lo abbiamo offerto alle persone per strada. Per l’occasione avevamo chiamato a raccolta tanti ragazzini del quartiere per una caccia al tesoro. Ma al momento di raggiungere il tesoro - un sacco pieno di caramelle italiane - questo era sparito. L’avevo consegnato ad un pescatore perché lo nascondesse sulla propria barca a poche decine dalla riva, calcolando che la marea all'ora della caccia al tesoro sarebbe stata bassa. Ma pescatore e barca non erano ancora rientrati dalla notte di pesca. Ho pregato che tornassero il più in fretta possibile. Inutilmente. Così la squadra che era in testa, seguendo le indicazioni dell’ultimo biglietto, si era portata in riva al mare a cercare la barca. Dopo dieci minuti si è aggiunta la seconda. Una manciata di secondi e arriva, nello stesso tratto di spiaggia, anche quella più in ritardo. Tutti a cercare senza trovare. Tutti a domandare. Io che non so quale santo invocare, ma stavolta per l’esatto contrario: se la barca fosse rientrata in quei momenti sarebbe stata la guerra tra decine di ragazzini che l’avrebbero fatta da pirati.

Il gioco non si è concluso come doveva, ma comunque le caramelle, qualche giorno dopo, sono andate a tutti.
Mentre scrivo bussa alla porta donna Leda, con una richiesta: «Padre Emilio, posso fare qualcosa?». «Certo», le rispondo, tra poco comincia il mese di novembre e ogni domenica ce n’è una nuova: i Battesimi per ragazzi e adulti, le prime Comunioni, le Cresime. Avremo da servire molte merende, nel nostro salone, ai ragazzi e ai loro amici e familiari; e poi ci sono i fiori per abbellire l’altare. «Certo che avremo bisogno di te, preparati!». «Io sono qua», mi risponde.

«Che forza», mi dico: «Ha quattro figli e tutte le mattine si fa la sua strada sotto il sole o sotto la pioggia per andare al lavoro. Ma la parrocchia sta su per gente così. Non abbiamo alle spalle le multinazionali nordamericane, noi!»

(1-continua)