Giulia racconta la storia del <em>Principe Felice</em>.

Dal cuore di Oscar Wilde al nostro

Padre Neil della Holy Family di Ealing non ha potuto partecipare al London Encounter. Così un gruppo di amici decide di portare la mostra sul poeta irlandese nei locali della parrocchia. Tra un tè delle cinque e una sangria, il racconto dei due giorni
Gianluca Marcato

«Tutto, nella nostra vita, oggi come al tempo di Gesù, incomincia con un incontro. (...) Così, centrati in Cristo e nel Vangelo, voi potete essere braccia, mani, piedi, mente e cuore di una Chiesa “in uscita”».

Provocati dall’incontro con il Papa a Roma, alcuni di noi decidono di chiedere a padre Neil, parroco della chiesa locale, di poter invitare i suoi fedeli al London Encounter (evento culturale di un giorno in centro a Londra). Lui, molto disponibile, ci fa dare un avviso alla fine della messa domenicale e ci fa distribuire i volantini. Tante sono le facce incuriosite, ma la più stupita è sicuramente quella di padre Neil, che alla fine della celebrazione, è solito fermarsi sulla porta principale per salutare le persone una ad una. Quando tutti sono andati via, ci dice: «Mi spiace proprio non poter venire, soprattutto per la mostra su Oscar Wilde perché non l’ho mai visto in questa luce». Si sta riferendo al punto centrale della mostra, che sottolinea la necessità di avere un cuore ferito per conoscere se stessi ed essere aperti alla possibilità che entri un’alterità in questo cuore. L’idea ci balza immediata in testa: gli suggeriamo che, se lui non può venire a vedere la mostra, potremmo portare la mostra da lui.

Nasce così la proposta della mostra su Oscar Wilde nella parrocchia Holy Family a Ealing (Londra), sabato 11 e domenica 12 luglio. Da quel primo istante, è stato un reale spettacolo veder fiorire, in tempi diversi e modalità varie a seconda del proprio temperamento, la libertà di coloro che si sono coinvolti nella proposta (e anche di chi inizialmente ha resistito e poi ceduto). In tutto, una quindicina di persone, che vivono nella zona o partecipano alla Scuola di comunità settimanale. Alcuni, tra cui Amos, Chris, Julia e Jack, hanno fatto le guide alla mostra; Giulia ha raccontato la storia del Principe Felice a gruppi di bambini a bocca aperta di fronte ai bellissimi disegni preparati ad hoc da Brad Holland (famoso artista americano); altri hanno appeso cartelloni d’invito e volantinato all’uscita di due metropolitane e di una scuola; Ines è stata ad accogliere le persone che arrivavano e la domenica mattina ha offerto tea and coffee e le buonissime torte preparate da Elena il giorno prima; altri ancora, capitanati da Ale e con l’esperto aiuto dell’assaggiatore João, hanno preparato sangria per aperitivo e caprese, arrosto di maiale e dolce per cena. Padre Neil stesso è stato lì con noi tutto il sabato, dalle 10 di mattina fino alle 23, quando ci ha salutato chiudendo la sala.

Il venerdì sera temevamo che sarebbe venuta pochissima gente e soltanto dopo le messe domenicali. In realtà, è stata una grande sorpresa veder arrivare di continuo, entrambi i giorni, gente interessata a conoscere e confrontarsi con l’uomo Oscar Wilde. Che grazia incontrare circa centoventi nuove persone, più alcuni amici del movimento che non erano riusciti a vederla al London Encounter. Tutti (ed in primis noi guide) commossi proprio dal dialogo accaduto tra sé e l’umanità di Oscar Wilde. C’è chi, come Simon, venuto perché invitato da Kiyoe fuori dalla metropolitana la sera prima, si è fermato a leggere attentamente i pannelli dopo la spiegazione e il video; chi, invece, è tornato il giorno dopo anche solo per salutare, o chi, come Emmanuelle, si è presentata la domenica mattina tutta sorridente e alla domanda «ma come, sei ancora qui a vedere la mostra?», ha risposto contentissima: «Eh sì, non potevo non tornare portando la mia amica Eleni». Infine chi, come Christine, evidentemente commossa sia alla fine della visita guidata che del video, vorrebbe che portassimo la mostra anche nella sua parrocchia, e si è offerta come guida.

Il più sorprendente degli incontri è stato quello con Ifan, gallese di 75 anni che vive dieci mesi l’anno a Barcellona e due mesi a Ealing durante l’estate. All’inizio riservato, ha preferito leggersi la mostra da solo “parola per parola” (era un insegnante di inglese). Quindi ha visto, anche se non era molto convinto, il video con gli estratti dal De Profundis recitati da Marco (un amico, attore per diletto). Alla fine, ci avviciniamo un po’ timorosi vista la faccia tesa e gli chiediamo: «Ti sono piaciuti la mostra e il video?». Ifan: «Piaciuti?... Mmmhh (sospiro)... Per tutta la mia vita ho pensato e ho detto agli altri di dimenticarsi della sofferenza e di cercare di vivere giorni felici... (sospira ancora, con gli occhi commossi)... in una vita senza senso». All’istante vengono in mente le parole di Oscar Wilde alla fine della sua vita: «Che i miei scritti possano un giorno essere il messaggio del mio cuore al cuore degli uomini». Lo è stato per Ifan e lo è stato per tutti noi: rischiando ciò che abbiamo incontrato, abbiamo guadagnato il centuplo, uscendone rafforzati nell’esperienza umana e di fede, e siamo anche diventati più amici tra noi.

Possiamo certamente dire che la potenza di un gesto così educa molto più di tanti discorsi, e per questo abbiamo iniziato la settimana in modo del tutto nuovo, attendendo l’incontro con lo sguardo di un Uomo che ci cambi la vita. È questo desiderio che probabilmente ha fatto scrivere a Ifan una mail, la sera stessa del sabato, per chiedere i contatti dei nostri amici a Barcellona. E che lo ha fatto tornare la domenica mattina, per salutarci e «stare un po’ con... voi».