Un momento della vacanza a Caviahue.

L'amicizia? È come una reazione chimica

Carolina e Maria Angelica abitano nei due Paesi del Sudamerica divisi dalle Ande. Dal loro rapporto, l'idea di fare la vacanza di Cl insieme. Così, dal 25 al 30 gennaio, a Caviahue, due popoli si sono uniti, per trascorrere giorni di vera "allegria"
Marco Sampognaro

I primi ad accorgersi sono stati i bambini. Giocavano insieme come se si conoscessero da sempre. Poi i musicisti: il loro è un linguaggio universale. Poi sono arrivate le mamme, i loquacissimi nonni, gli universitari e i giovani lavoratori con il loro mate e le loro magliette da calcio. Alla fine si sono dovuti arrendere all’evidenza anche i giornalisti: tra Argentina e Cile era scoppiata la pace. Anzi, meglio, "l’allegria", che dava il titolo alle vacanze delle due comunità del movimento, svoltesi in un villaggio argentino, Caviahue: quattro strade di capanne, alberghi e locande, circondate da araucarie millenarie, in una zona termale di acque tiepide e zolfo, in riva a un lago che rispecchia il sole di giorno e il cielo stellato di notte. Caviahue, in lingua mapuche (indigena) significa "luogo sacro d’incontro e di festa". Un posto particolare per una vacanza particolare. Una vacanza di viaggi infiniti, di pianoforti sospesi sul lago, di stelle radunate attorno al fuoco, di quattro eserciti in lotta.

Tutto era partito da due donne. Carolina, di Buenos Aires, e Maria Angelica detta "Cae", di Santiago del Cile, mentre i loro mariti (entrambi con incarichi di responsabilità nel movimento dei rispettivi Paesi) erano impegnati in un incontro internazionale in Italia, si sono conosciute e sono diventate amiche. Così amiche che, una volta tornate a casa, hanno continuato a cercare occasioni per rivedersi, per passare del tempo insieme, per far conoscere tra loro anche i numerosi figli… finché, dopo qualche mese, quasi naturalmente è nata l’idea: perché non organizzare le vacanze del movimento insieme? Ora, se è vero che Argentina e Cile sono confinanti, è pure vero che in mezzo ci sono le Ande. Sono Paesi legati da antichi vincoli di sostegno, ma anche da più recenti differenze e rivalità. Ma un’amicizia in atto è come una reazione chimica che, una volta innescata, è difficile fermare. Soprattutto quando c’è un "catalizzatore" di nome Julián de la Morena, il sacerdote spagnolo a cui Carrón ha affidato la responsabilità di Cl per tutta l’America Latina. A de la Morena l’idea di una vacanza comune piaceva, e molto.

E così, dal 25 al 30 gennaio 2014, a Caviahue si sono svolte le vacanze estive (nell’emisfero sud le stagioni sono invertite) delle due comunità. Con più di quattrocento partecipanti. Per molti un sacrificio: basti pensare che Caviahue dista 1.300 chilometri da Santiago del Cile e 1.500 da Buenos Aires. In più, l’Argentina si trova nel mezzo di una nuova, drammatica crisi economica. Eppure - hanno riconosciuto tutti alla fine - ne valeva la pena: e non tanto per la straordinaria bellezza della natura quanto, come sintetizza don Martino de Carli, responsabile del movimento in Cile, «per la grande, semplice e luminosa esperienza di unità che si è vissuta nella settimana».

Perché tutto andasse bene, le comunità si erano spese nelle settimane precedenti: per ciascun gesto e incarico (i canti, il coro, le gite, il servizio d’ordine, gli incontri culturali, i giochi) erano state create delle task force congiunte cileno-argentine. Ma, come ha sintetizzato l’intervento di Cecilia, un’argentina, all’assemblea finale, «la bellezza che si è respirata non era la somma di singole genialità, ma di tante disponibilità». Disponibilità a guardare, a seguire, a mettersi in gioco.

Tra una gita alla "laguna escondida" e una presentazione della vita e dell’opera di Albert Camus, tra un falò notturno raccontando le stelle ai bambini e un asado (grigliata) di agnello in riva al lago, questi giorni sono stati un’esperienza di unità attorno a una bellezza. Particolarmente espressivi, da questo punto di vista, sono stati due eventi musicali: il primo, un concerto di pianoforte all’aperto, eseguito dal musicista-ingegnere Adrian Pim: Chopin e Schubert in una terrazza naturale protesa sul lago, sotto l’ombra e lo sguardo delle araucarie. E il secondo, una serata di canti latino-americani imperniata sul tema "l’amore della mia vita": occasione per riscoprire la ricchezza della tradizione canora di un popolo. Così che, sempre all’assemblea finale, a chi si mostrava preoccupato di come portare quest’allegria a casa, Julián de la Morena, ha risposto in due modi: richiamando al valore della nostra esperienza, come unico e formidabile strumento per conoscere e aumentare la familiarità con Cristo. E invitando a guardare papa Francesco come testimone e compagno di questo lavoro. Giorni prima, il Papa aveva esortato i cristiani d’Argentina a «uscire per le strade e bere mate con la gente». Don Julián ha rilanciato l’invito, ancorandolo sulla roccia dell’esperienza. Come nei sentieri di montagna, quando un piede poggia su terreno conosciuto e l’altro si avventura verso la vetta.

Del resto, che le montagne potessero unire anziché dividere, lo aveva già mostrato la storia dei due Paesi: nel gennaio del 1817, un esercito di circa cinquemila soldati, guidato dall’argentino José de San Martin e dal cileno Bernardo O’Higgins, aveva attraversato la Cordigliera per affrontare le truppe realiste fedeli alla corona spagnola e aprire la strada all’indipendenza del Cile (questo ha fornito un tema eccellente per giochi spettacolari e partecipatissimi). Più o meno duecento anni dopo, una nuova traversata delle Ande - voluta da due donne - ha fatto riabbracciare argentini e cileni, in quel «luogo sacro di incontro e di festa» che è la compagnia cristiana.