Il segno dei segni

Parola tra noi
Luigi Giussani

Appunti da una conversazione di Luigi Giussani con un gruppo di Novizi dei Memores Domini
Milano, 1 febbraio 1998


L'ultima volta che ci siamo visti (1) vi ricordate cosa abbiamo detto? Vi ricordate?

Che Cristo è l'umano.
Se non abbiamo capito, o nella misura in cui non comprendessimo, che Cristo è la risposta a quello che l'uomo esige, alle esigenze della vita; se non si tiene presente e non ci si educa, cioè non si sviluppa in noi una coscienza matura del fatto che Cristo è la risposta alla mia umanità - non in genere, ma alle esigenze fondamentali (per questo vi ho fatto cantare La ballata dell'amore vero (2)) -, il frutto della nostra vocazione non ci sarebbe.
Ieri sera e stamattina pensavo: «Cosa devo andare a dire a loro?». Mi sono venute in mente tante idee. Stamattina mi ha portato qui una persona in macchina; poco prima di fermarsi, mi ha detto una certa cosa usando la parola «segno»: lì ho capito che il Signore mi ha fatto sentire quello che dovevo dirvi. Vi dico quel che capisco di ciò che Dio mi fa intuire.
«Infondi, Signore, la tua grazia nei nostri cuori, affinché noi, che abbiamo conosciuto, per l'annuncio dell'angelo, l'incarnazione del Figlio tuo Gesù Cristo...». (3) «L'incarnazione del Figlio tuo Gesù Cristo»: che Dio sia diventato uomo è tutta quanta la verità che Dio ha voluto comunicare al mondo, il suo modo di dimostrare l'amore che ha per l'uomo. Il Mistero, Signore del cielo e della terra, il Mistero - che è una parola che comincerete a capire quando Dio vorrà - è diventato un uomo. Il Mistero, per comunicarsi a me, diventa un uomo! Come abbiamo fatto a sapere questo? Come facciamo a saperlo adesso? Come ha fatto l'uomo a capirlo? Come fa l'uomo ora a capirlo? Come fa? Attraverso un fenomeno, un avvenimento che ha percosso Maria quella sera del 25 marzo, così che lei - intelligente nella sua semplicità profonda, abituata alla religiosità di un popolo che con l'aiuto del Signore, con l'ispirazione di Dio ha generato la Bibbia - ha sentito, ha percepito la presenza di una realtà grande, di una realtà divina attraverso chi le parlava in quel momento. «Avvenga di me secondo la tua parola». Ha accettato subito, e questo è sorgente di misteriose cose che, se sarete fedeli alla vostra strada, il Signore vi farà capire, sempre di più, sempre di più.
Se potessimo anche noi dire quel che ha detto la Madonna - dire quel che dice l'Angelus: il sì della Madonna - con quella persuasione globale, totale, profonda che ha avuto, come un bambino riconosce sua madre senza tergiversazione quando ne ode la voce o ne vede il viso - fra tante donne il bambino piccolo vede il viso di sua madre e tende le braccia alla sua mamma -; se noi potessimo veramente vivere il come tutto è incominciato, il momento iniziale come è cominciato con la Madonna, l'annuncio dell'angelo - una presenza eccezionale, che si impone così tanto, che è così evidente a chi ha un animo semplice e intelligente come Dio solo può intendere e voler creare in una creatura -: sarebbe
proprio bello!
Ma a noi questo angelo è stato dato! È da questo angelo che è venuto alla nostra vita il grande annuncio che Dio si è fatto uomo. Questo angelo, questo fenomeno, questo avvenimento... e il grido del cuore che la Madonna avrà sentito dentro di fronte a una cosa dell'altro mondo come quella - in cui tra l'altro tutta l'umanità del popolo ebreo (che i profeti avevano animato con la loro potente autorità, autorità che non derivava dal fatto che avessero dei ruoli, ma dal fatto che parlavano a nome di Dio), in cui tutta l'umanità come la Bibbia ne parla e come la Bibbia parla del modo con cui questa umanità dell'uomo tende al Signore si esprimeva -: potessimo dire anche noi «Avvenga di me secondo la tua parola».
Di fronte alla parola dell'angelo, avendo sentito dire quel che doveva succedere, quel che sarebbe successo, la Madonna ha detto: «Fiat». Non c'è nessun passaggio di mezzo, non c'è nessuna dimostrazione particolare. Agli occhi della Madonna Dio è entrato nel mondo dimostrando con chiarezza, con evidenza quello che intendeva fare.
Non può essere diverso il modo con cui noi siamo raggiunti, non c'è nessuna diversità tra il modo con cui la Madonna si è accorta - tanto che in un minuto ha detto di sì - e il modo con cui a noi accade.
Il Vangelo chiama «angelo» la misteriosa personalità che ha parlato alla Madonna dando quell'annuncio enormemente strano, ma in modo tale che il cuore della Madonna - che aveva 15, 16, 17 anni - è stato subito invaso. E questo è reso possibile, concepibile, per il tipo dell'animo ebreo, che nella storia è stato il veicolo dell'alleanza di Dio con l'uomo, cioè del modo che Dio ha usato per poter darsi, per poter aiutare gli uomini. Quello della Madonna è stato lo stesso modo, è l'identica modalità ultima con cui Iddio ha trattato il popolo ebraico: identica. Lungo la storia si è espresso attraverso i capi del popolo e i profeti, perché erano i capi del popolo che dettavano al popolo quello che doveva fare: i salmi... (tutta la Bibbia dice quello che il Signore faceva capire attraverso i capi e i profeti). Ma con la Madonna è "andato giù" più direttamente, cioè si è messo davanti a lei. Nel vangelo non è descritto in dettaglio quel che dice Maria; è semplicemente chiaro che era mistero quel che succedeva, la sorgente di quel che succedeva, ma in modo così persuasivo che, data l'educazione che ha avuto, era verosimile (non era inverosimile, non era impossibile). La Madonna ha detto solo di sì: «Fiat».
Tant'è vero che - secondo me - il problema più grave per l'anima della Madonna è stato il dopo, qualche istante dopo, quando «l'angelo se ne partì da lei». «E l'angelo se ne andò da lei», punto! Lo Spirito l'aveva già investita, fin nel suo fisico, il mistero di Cristo era già concepito...: sono rilievi di pensieri su cui il cuore vorrebbe star sempre, per capirli sempre di più.
«L'angelo se ne partì da lei», punto! Quest'ultima frase dell'annunciazione ha fissato per me, da tanti anni, il punto più delicato e appassionante, ma terribile, del vangelo: perché «L'angelo se ne partì da lei»: restava tutto il problema di quella ragazza a disposizione della sua anima. Doveva difendersi, aveva il fidanzato e doveva persuaderlo («Chissà se avrebbe capito», con quel che lei aveva sempre detto, che cioè non voleva sposar nessuno se non nei termini puramente legali); e poi i genitori, la gente («Fra due o tre mesi sarà comprensibile a tutti quel che mi è successo»). Tutte le volte che mi vengono al pensiero queste cose mi lasciano impressionato. Nessuno di noi nella vita ha avuto tanto rischio di dedizione e sacrificio nella dedizione come la Madonna. Sola, sola! Ma come ha fatto il giorno dopo d'averlo detto a Giuseppe a essere tranquilla, a essere in pace, serena, certa, certa come lo fu all'evidenza iniziale? «E l'angelo se ne partì da lei». Guardate, ragazzi, tutto quello cui ho accennato adesso, a brandelli, nel rilievo di quello che è successo alla Madonna, succede a noi! È successo e succede a noi! Non come ripetizione meccanica, non come una ripetitività piuttosto formale in cui noi collochiamo sempre, tentiamo di collocare sempre il modo con cui comprendiamo la cosa. Il seme, dice san Paolo...(4) guardate che il seme si svolge e del seme non c'è più se non il ricordo di chi tiene ben presente tutti i fattori della storia. Succede a noi. Chiunque è chiamato nel Battesimo è destinato a essere, nel mondo, parte di quella realtà in cui il fattore di quello che il vangelo chiama «angelo», che alla Madonna apparve come angelo, si realizza nella storia. È tale e quale.
Da chi ci è venuto l'annuncio che Dio si è fatto uomo? Da nostro padre e nostra madre, dai genitori. Ma insieme a loro? Dalla parrocchia, dai gruppi di lavoro all'oratorio, di amicizia all'oratorio, dal clima di popolo che è cristiano. Comunque, tutto questo può essere cambiato nella modalità come circostanze, ma è attraverso questo: l'angelo per voi è questa vostra compagnia, è stato lui e il Vescovo e il Papa. L'angelo si chiama Chiesa.
Vi auguro che a 75 anni voi possiate ringraziare Dio con tutto il cuore per la consapevolezza con cui è cresciuta in voi la coscienza di quello che vi ha chiamato a vivere e a capire. È attraverso questa nostra fede che il mondo non perde la trebisonda, non perde il senso del cammino al destino. Solo per questa fede! Quella fede che si chiama «Chiesa» nella storia, Chiesa che ha come punto centrale, organico centrale, il papato: la Chiesa cattolica, «una santa cattolica e apostolica»(5). L'avete studiato nel terzo volume sulla Chiesa?(6) Mi faccio capire o no?
La Madonna è rientrata in casa e c'era lì un personaggio. «Chi sarà mai?». Quando è incominciato quel fruscìo; quando è incominciato quell'eco o quella parola chiara che le veniva detta: «Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te». «Ma cosa succede qui, cosa dici?», era un segno; quando avrà capito che quello che era lì presente non era Dio, era un segno di Dio... Infatti, l'ottavo salmo - che è il più bel salmo antropologicamente parlando, come definizione dell'uomo -, dice: «Che è mai l'uomo, Signore, perché te ne ricordi? Che è mai il figlio dell'uomo perché te ne curi? [Che è mai? Niente. Niente: un fuscello, che un colpo di vento porta via.] Eppure tu lo hai fatto poco meno di te»(7). C'è la traduzione: «poco meno degli angeli»: angeli, nella Bibbia, può essere un sinonimo di «Dio che si manifesta».
Dio si manifesta non necessariamente con quella che noi chiamiamo evidenza fisica. Questo vale anche per l'amore tra l'uomo e la donna: non so se è solo per evidenza fisica che un uomo può cantare il canto di prima(8) davanti a sua moglie o alla sua morosa! Non è solo evidenza, può non essere solo evidenza. Ne L'Annunzio a Maria di Paul Claudel(9), il comportamento di Giacomo Hury verso la donna che amava, Violaine, non era così. Quando lei ha mostrato il segno della lebbra ai suoi occhi, lui è diventato persuaso: «È evidente!». È stata un'evidenza con cui ha capito quello che non era vero!(10) Non mi spiego? Vi ricordate la pagina?

1. Si chiama «segno» normalmente, dal punto di vista del fenomeno naturale, la modalità con cui una realtà si comunica alla coscienza dell'uomo, diventa chiara per l'uomo. Segno è la modalità con cui la realtà vera, l'essere delle cose, si comunica alla coscienza dell'uomo. Ma questo vale per tutto il mondo, per tutti i tempi, per tutti i popoli, perché è proprio il metodo: il metodo che Dio ha usato creando il mondo, creando l'uomo nel mondo, è che la realtà si comunica all'uomo come segno; e, sommamente, l'uomo avrebbe capito chi Lui è - che è e chi è - attraverso il mondo come segno: il mondo dimostra Dio come un segno dimostra ciò di cui è fatto. Dire che le stelle in cielo sono una cosa bellissima e sono segno di Dio, e dire che il segno più grande di Dio è il cielo o il segno più grande di Dio è il mare in tempesta o il segno più grande di Dio è, non so, l'amore di una mamma...: tutto questo è segno, dimostra Dio come segno. Il desiderio che uno ha, l'esigenza che uno ha - poniamo - di verità e di felicità è segno, diventa segno del fatto che l'uomo deve capire che c'è un'altra cosa, che c'è Dio. Niente del mondo lo soddisfa compiutamente: vuol dire che chi l'ha fatto è più grande del mondo. Tutto Il senso religioso(11) è su questo concetto. L'avete letto Il senso religioso?

2. Ma c'è un particolare da osservare nel mondo che Dio ha creato: Dio è diventato uomo - ed è diventato uomo per la stima e l'amore che ha avuto per la sua creatura più alta (il vertice di tutte le creature, là dove la natura, il creato diventa cosciente di sé: si chiama «io» quel livello della natura in cui la natura scatta nella coscienza di sé. Ed è questo che fonda il fatto che non è soltanto un'evidenza degli occhi, che tra l'altro può essere più dubitabile che il senso della realtà come segno:(12) l'uomo è certo della sua donna perché la vede e questo è il destino in cui tutti possono cadere; invece l'uomo diventa certo della sua donna quando l'affronta con la sua coscienza) -; comunque, Dio ha voluto comunicare la sua stessa natura all'uomo - incominciare a farsi conoscere dall'uomo per quello che Lui è, e farsi amare dall'uomo per quello che Lui è veramente - prima di condurlo alla fine, al
destino, al momento in cui il Mistero diventa destino in quanto inevitabile: la morte, insomma; Dio ha voluto incominciare a comunicarsi all'uomo con una evidenza più profonda e più potente: è diventato uomo Lui. Il Mistero è diventato un uomo: è un avvenimento, quindi, quello che è accaduto; è accaduto attraverso un avvenimento, un avvenimento il cui senso era soltanto questo, non poteva essere che questo. E infatti è quell'uomo stesso che, di fronte alla sorpresa di tutti i suoi seguaci, i suoi discepoli, ha detto: «Io sono una sola cosa col Padre»,(13) «Filippo, chi vede me vede il Padre [chi vede me, vede il Mistero]». Se Filippo avesse preso la sua faccia in mano e avesse detto: «Non sei il Mistero, sei una faccia». «No, non sono esaurientemente definito da questa faccia. Questa faccia è l'ultimo punto a cui arriva una comunicazione del Mistero molto più grande».
In Gesù, Dio è apparso agli uomini come in un segno, perché il Mistero non poteva essere identificato con la faccia e il quantitativo del corpo di quell'uomo lì, non poteva essere identificato e dimostrare se stesso con quello che quell'uomo lì diceva, ma, attraverso la sua figura fisica e attraverso quello che diceva, la gente era percossa, nella misura della loro semplicità e disponibilità, nella misura della loro umiltà vera. La gente era disponibile. Così, a contadini, a pescatori, a certa gente con cui si è intrattenuto è diventato evidente che Lui era qualcosa d'altro. E Lui ha risposto: «Io sono il Mistero che vi fa. Voi siete fatti di me e da me. Tutto il mondo è fatto da me».(14)
E fino al riconoscimento del suo essere «qualcosa d'altro» si può capire: si può capire che veramente Dio è ciò a cui è rimandato l'uomo guardando il mondo o a cui sono rimandati
certi uomini che han potuto conoscere la realtà di Cristo: il Mistero si è svelato, si fa capire attraverso dei segni e Cristo è un segno tra gli altri di fronte al mondo.

3. Soltanto che è un segno strano. Strano, perché non è una realtà che soltanto faceva pensare a Dio, al Mistero, come solitamente fanno tutte le cose (come Il senso religioso descrive), ma pretendeva qualcosa di più: essere proprio quello di cui tutta la realtà è segno. È Lui ciò di cui tutta la realtà è segno, perché è il Mistero venuto tra di noi.
«Infondi, Signore, la tua grazia nei nostri cuori, affinché noi, che abbiamo conosciuto dall'angelo l'incarnazione del Figlio tuo, attraverso la sua passione e morte siamo condotti alla gloria della sua resurrezione». Perciò, il mondo parla del destino dell'uomo, la realtà creata e il cosmo, corrispondono all'impeto dell'uomo, riempiono il suo originale profondo» attraverso una realtà che l'uomo percepisce così come uno legge con evidenza un segno. È un fenomeno, cioè, che non si può capire e spiegare, che non può esistere se non per questo significato. Significato: il destino si comunica e si capisce, il rapporto con il destino si vive attraverso il segno. Ma come facciamo?
Il secondo passo è ancora comprensibile o, meglio, sembra comprensibile: sembra comprensibile l'evidenza con cui la Madonna ha detto sì, sembra comprensibile che ciò che è nato dalla Madonna sia stato il passo con cui il Mistero si è incominciato a comunicare a me, a te, all'uomo... non come tale - non come tale! -, ma agli uomini che il Mistero voleva. Per questo si chiamano «eletti», «scelti», come si sentiva il popolo ebraico, che capiva di Dio quello che nessuna altra religione capiva, che trattava la vita secondo questo Altro - che è Dio - come nessun altro popolo viveva (come morale, come senso della vita). «Noi che abbiamo conosciuto, per l'annuncio dell'angelo, l'incarnazione»: attraverso la vita di ciò che è nato da questa incarnazione, attraverso questo Gesù in cui Dio si è incarnato, attraverso questo, noi siamo portati a capire, alla gloria della sua risurrezione. Vale a dire, già in questo mondo sappiamo dove tutto va a finire: a quel destino che è la gloria di Cristo, che a un certo punto si esprimerà totalmente e quello sarà il limite al quale s'appoggia l'eterno, il vero... Forse non comprendete, ma ogni frase che dico implica tantissime altre cose.
Come mai il problema di Cristo è diverso dal problema del mondo? Ogni cosa al mondo è segno; il mondo è segno; come è fatto, come è composto, il mondo è segno, segno del destino, che l'uomo - unico nella creazione, nella natura delle cose - unico capisce, ha l'esigenza di comprendere. Ma Gesù è un segno particolare, un segno eccezionale: è il segno di tutti i segni, il segno che rende concepibili e utilizzabili tutti i segni del mondo. San Paolo era zeppo della persuasione di queste cose. Quando parla di Cristo, san Paolo non così ma queste cose le dice. Per lui Cristo è un segno. Così, l'uomo Gesù, figlio di Maria, appariva come un uomo (era un uomo, che quindi appariva come gli altri uomini), ma la verità di quell'uomo era segno di qualcosa che nessun'altra cosa poteva essere: era segno di Dio, del Mistero, che si incarnava in Lui (quello che la Bibbia chiama Jahvè era «segnato», incarnato in quell'uomo). «Noi che abbiamo conosciuto, attraverso l'annuncio dell'angelo, l'incarnazione del Figlio tuo Gesù Cristo...». E come fa? «Va bene, siamo d'accordo che Gesù è un segno di Dio, però Lo è come tutto il mondo è segno di Dio!». No, Lo è diversamente da tutto il mondo, con una profondità abissale diversa. Però la parola segno vale per l'uno e per l'altro. A questo punto si può dire che il metodo con cui Dio, la verità dell'Essere, la verità del Mistero, il nostro destino si comunica all'uomo che cammina adesso è un segno che ha il suo contenuto di segno dentro: è il segno di una cosa che è già dentro di Lui, come per gli altri segni non accadeva, non accade. Quell'uomo era Dio presente tra gli uomini. E questo conclude il secondo livello con cui la parola segno emerge e s'attesta. S'attesta: più di così si muore, più di così non può essere concepibile, tanto che per accettare questa verità, questa applicazione, questa realizzazione del concetto di segno si gioca tutta quanta la lealtà e la sincerità dell'uomo, l'amore alla verità nell'uomo (tutto si gioca!).
Per questo i discepoli hanno avuto fede in Lui, non hanno visto Dio in Lui, hanno visto Dio in Lui come oggetto della fede. Così che, pur vivendo nella carne, hanno vissuto tutta la loro vita nella fede, come dice san Paolo: «Pur vivendo nella carne, vivo nella fede del Figlio di Dio»(15). Così è sorto il problema cristiano nel mondo, e ha dimostrato così di essere l'unico punto che poteva corrispondere a tutta quanta l'esigenza dell'uomo (l'unico! Più di così ci sarà il giorno in cui sarà noto a tutti, deciderà di farsi vedere da tutti e sarà l'ultimo dei giorni, che aprirà l'eternità).

4. Adesso il problema è questo - e con ciò concludo -: si capisce la fede in Gesù negli apostoli, ma noi come possiamo conoscere se Gesù è Dio o no, che Dio è diventato uomo, è
tra noi attraverso questa figura, questa figura d'uomo, databile storicamente ma senza avere uguali, duratura nel mondo (perché la Chiesa è Cristo che arriva fino adesso)? Ad aver fede nella Chiesa come si fa? La risposta dovreste saperla già: attraverso la compagnia vocazionale; quando la Chiesa diventa compagnia vocazionale. Questo fa della compagnia
tra uomo e donna sacramento, mistero. Questo non avrebbe senso ultimamente - non avrebbe nessun senso, se non triste, nella misura in cui un individuo è consapevole - se non come vocazione, se non percepito come chiamati, fatti per questo (marito e moglie sono segno l'uno all'altro di Dio, sono letti così, sentiti così). È la compagnia vocazionale dell'uomo e della donna oppure la compagnia vocazionale così come Dio ci chiama, ci ha chiamati: è la compagnia vocazionale l'ambito in cui l'angelo, il cui annuncio ci fa capire l'incarnazione di Cristo, vive.
E questa compagnia vocazionale ha come suo primo modo di attestarsi - non cronologicamente, non solo cronologicamente, ma anche come influsso che ci percuote come l'angelo ha percosso la Madonna, il cuore della Madonna - la casa. Perciò questa parola, così per sé fatua, porta il significato totale della nostra vita: o impariamo attraverso quella compagnia oppure non impariamo più. Per questo la Bibbia ci farebbe parlare della casa come il luogo - secondo tutte le analogie del termine - dove Dio si comunica nella sua umanità, cioè si comunica come Uomo-Dio.
Comunque, se prendete sul serio quel che ho detto, se vi aiutate a capirlo, non ho parlato invano.

Note

1 Il riferimento è all'intervento dal titolo "Una preoccupazione interessante", del 21 dicembre 1997 ai novizi del 2°-5° anno.

2 C. Chieffo, Ballata dell'amore vero, in Canti, Coop. Editoriale Nuovo Mondo, Milano 1995, pp. 193-194.

3 «Infondi, Signore, la tua grazia nei nostri cuori, affinché noi, che abbiamo conosciuto, per l'annuncio dell'angelo, l'incarnazione del Figlio tuo Gesù Cristo, attraverso la sua passione e morte siamo condotti alla gloria della sua risurrezione» (Orazione della preghiera dell'Angelus).

4 Cfr. 1 Cor 15, 36-37.

5 «Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica» (dal "Credo", Simbolo di Nicea-Costantinopoli).

6 L. Giussani, Perché la Chiesa, Tomo 2: Il segno efficace del divino nella storia, Jaca Book, Milano 1992, pp. 115-141.

7 Cfr. Sal 8, 5-6.

8 Vedi nota 2.

9 P. Claudel, L'Annunzio a Maria, Vita e Pensiero, Milano 1931; cfr. anche L. Giussani, "L'amore come generazione dell'umano. Lettura de L'Annunzio a Maria di P. Claudel", in Le mie letture, BUR, Milano 1996, pp. 104sgg.

10 Giacomo Hury, il giorno precedente le nozze con Violaine, scopre che questa ha contratto la lebbra baciando in un impeto di compassione Pietro di Craon. Per Giacomo questa è la prova inconfutabile del tradimento di Violaine e del castigo di Dio, e dunque la ripudia, fidandosi solo di ciò che ha visto. Anni dopo, Giacomo, in un ultimo dialogo con Violaine, ormai morente, comprende il suo errore: «Giacomo Hury - Mi avete crudelmente ingannato. Violaine - Ingannato? no, quel fiore d'argento sul mio seno non mentiva. Giacomo Hury - Che potevo io credere, Violaine? Violaine - Credendo in me, chi sa se non mi avreste guarita? Giacomo Hury - Non dovevo credere ai miei occhi? Violaine- È vero. Dovevate credere ai vostri occhi; è giusto. Non si sposa una lebbrosa. Non si sposa una infedele. Non rimpianger nulla, Giacomo. È meglio così. [...] Violaine - A che mi serviva questo corpo se mi celava così il cuore che tu non lo vedessi, ma solo vedevi quel segno esterno sull'involucro miserabile? Giacomo Hury - Duro fui e cieco. Violaine - Ora son tutta spezzata, e il profumo si esala. E vedi che ora tu credi ogni cosa, solo perché t'ho messo una mano sul capo» (P. Claudel, L'Annunzio a Maria, op. cit., pp. 144-146).

11 L. Giussani, Il senso religioso, Rizzoli, Milano 1997.

12 «...si ille a quo auditur multum excedit visum videntis, sic certior est auditus quam visus» («...se colui dal quale si sente dire qualcosa è molto più grande della vista di colui che vede, allora l'udito è più certo della vista» San Tommaso, Summa theologiae II IIae, q. 4, art. 8). «...manifestat quod auditus per accidens melior sit ad intellectum [...] inde est quod inter privatos a nativitate utrolibet sensu, scilicet visu et auditu, sapientiores sunt caeci, qui carent visu, mutis et surdis qui carent auditu» («[Aristotele] afferma che l'udito in certi casi è migliore per comprendere [...] ecco perché tra coloro che sono privi dalla nascita di uno dei due sensi, ossia della vista e dell'udito, sono più sapienti i ciechi, che mancano della vista, dei muti e dei sordi che mancano dell'udito». San Tommaso, In libros de sensu et sensato, lectio 2, n. 10-15). Cfr. anche L. Giussani, Perché la Chiesa, Tomo 1: La pretesa permane, Jaca Book, Milano 1990, pp. 100-101.

13 Cfr. Gv 14, 9-11.

14 Cfr. Gv 15, 5.

15 Cfr. Gal 2, 20.