La copertina del disco  "Cello Concertos".

Tra violoncello e storie per bambini

Il violoncellista Steven Isserlis, dopo aver raccontato i compositori del passato, riprende in mano gli spartiti del musicista boemo. Esecuzioni segnate da una grande immedesimazione nel pensiero creativo dell'autore. Una questione di tecnica e di cuore
Andrea Milanesi

Anche Steven Isserlis, uno dei più brillanti e virtuosi violoncellisti attualmente in circolazione, ha un doppio lavoro. Lo ha iniziato quasi per caso, raccontando ai propri figlioletti le storie sulla vita e sulle opere dei compositori che tanto ama, quasi come se fossero le fiabe della buona notte. Poi qualcuno gli ha consigliato di provare a scriverle e i suoi libri sono diventati dei veri e propri fenomeni editoriali, anche grazie al taglio divulgativo, spigliato e divertente - ma scientificamente rigoroso - con cui l'artista inglese ha ottenuto ovunque consensi e successi, prima con il volume Perché Beethoven lanciò lo stufato e poi con Perché Ciajkovskij si nascose sotto il divano (pubblicati in Italia da Curci).

Ma la musica è una cosa seria, e Isserlis lo sa bene. Così, se da una parte ha intitolato uno dei capitoli più appassionanti Perché Dvoràk s'imbronciò per una bottiglia di birra, dall'altro si è cimentato con la consueta maestria nella registrazione dei capolavori che il compositore boemo ha dedicato al suo strumento, il violoncello, a partire dal giovanile Concerto in la minore. Ma è soprattutto nel più celebre Concerto in si minore op. 104 che Isserlis raggiunge una profondità di lettura davvero straordinaria, affiancato da compagni di avventura di alto profilo come la Mahler Chamber Orchestra e il direttore Daniel Harding, che si dimostrano in perfetta sintonia con la sua linea interpretativa.

Affrontare una partitura così ricca di idee musicali e sfumature espressive è una questione di tecnica, sicuramente, ma anche di apertura di cuore; di precisione negli attacchi e di cura nell’articolazione del fraseggio, ma anche di sentimento e di immedesimazione con il pensiero creativo dell'autore. In effetti, come afferma lo stesso violoncellista-scrittore, in questa che è una delle pagine più affascinanti dell'intero repertorio orchestrale ottocentesco: «C'è davvero tutto: un primo movimento glorioso ed eroico, un secondo movimento sereno e nostalgico, e infine un gioioso ultimo movimento che repentinamente cambia carattere verso la fine...».

Mentre stava scrivendo il suo Concerto in si minore, Dvoràk apprese la notizia della morte di una persona a lui molto cara (la cognata Josefina) e decise di renderle omaggio in conclusione dell'opera con una tenera melodia, che contribuisce ad aumentare il senso di struggimento già evocato dal tempo lento. Un saluto, un commiato alla vita che si intreccia con i motivi di danza e con i temi carichi di pathos di chiara ispirazione popolare che riecheggiano lungo l'intero svolgimento del lavoro, impregnati da un profondo senso di compimento che trova il sigillo ideale nelle parole dello stesso Dvoràk con cui Isserlis, nel suo secondo libro, chiude il capitolo dedicato al compositore boemo: «Sono pieno di letizia e di soddisfazione quando compongo. Ringrazio Dio per la mia fortuna. Questo è e sarà sempre il mio motto: “Dio - amore - terra natia”».

Dvoràk
Concerti per violoncello
Steven Isserlis, Mahler Chamber Orchestra, Daniel Harding
Hyperion / Sound and Music (2013)