La cena per i terremotati organizzata a Rimini.

La scossa e la pesca miracolosa

Il terremoto di fine ottobre. Poi, tre giorni tra gli sfollati per i giessini romagnoli. E l'incontro con Sara, Giuseppe, Paola... Ecco perché alla cena di sabato scorso c'erano più di quattrocento persone
Alessandro Caprio

Quella sera all’improvviso la terra ha cominciato a tremare, anzi, letteralmente a saltare. Erano le 19.30 del 26 ottobre scorso. Sara stava facendo il trasloco nella nuova casa nel centro a Visso, un bellissimo paese nel Parco nazionale dei Monti Sibillini, sul versante maceratese. «Sembrava che i palazzi si staccassero dal terreno. La macchina saltava, tutto saltava», racconta oggi: «Ho visto i miei compaesani correre fuori dal bar. Mi si è fermato il cuore. Il Signore ha voluto che nessuno si sia fatto male». Il paese, però, è distrutto. Gli abitanti se ne vanno quasi tutti. Ne restano una trentina su un migliaio, dormono nelle roulotte che hanno ricevuto in tanti casi da sconosciuti, attorno a un campo di pallone con bagni e spogliatoi.

Tutti gli altri si trasferiscono da amici o parenti, o nei camping a Porto Sant’Elpidio, sulla costa adriatica. Tra loro c’è anche Paola, sorella di Sara, che il 29 dicembre la invita a una cena, vicino a Loreto, organizzata da un gruppo di ragazzi conosciuti in quei giorni. Sono giovani di Rimini, che fanno parte di Gioventù Studentesca (vedi articolo su Tracce di febbraio) e hanno deciso di passare tre giorni di “vacanza” tra le persone colpite dal terremoto. Fanno giocare i bambini, stanno insieme agli anziani, ad alcuni insegnano a fare la piada. Per salutarsi, organizzano una grigliata con l’aiuto di alcuni genitori capitanati da Luca Baffoni, il titolare di "Luca Carni", con i suoi amici. Più di trecento coperti.

Quella sera succede qualcosa, racconta Sara: «Un incontro, all’improvviso. Alcuni ragazzi intonano dei canti di Natale bellissimi e poi c’è la cena, anzi l’abbuffata. Perché Luca ci riempie talmente di carne che avevo il terrore di risalire sul pullman». È troppo grande la bellezza che vede: «Non sarei mai andata via senza poter ringraziare qualcuno». Tra tanti, conosce proprio Luca. Scoprono di essere entrambi macellai, si parlano per mezz’ora, prima che il pullman riparta: tanto basta perché nasca un’amicizia e si torni a casa diversi.





















Quella sera, dall’incontro con Sara, ma anche da quello con Giuseppe di Sarnano, altro Comune colpito dalle scosse, scatta qualcosa nel cuore di Luca: non può non pensare continuamente a loro e a quello che stanno passando: «Sono senza casa, spesso senza lavoro, a volte non hanno neanche i soldi per la ricarica nel telefono!». Gli viene l’idea: perché non fare un’altra cena, stavolta per raccogliere fondi per i nuovi amici? Prende così forma “La scossa della vita”, la serata di sabato 25 febbraio che scatena, stavolta a Rimini, in un’autentica gara di generosità: decine di persone tra gruppi di amici, colleghi, vicini di negozio e semplici conoscenti. Ognuno mette quel che può: dalle doti gastronomiche a quelle canore, dalle capacità organizzative - compreso il progetto della mappa dei tavoli, aggiornati fin quasi all’ultimo momento – al pulmino o al proprio albergo, per andare a prendere gli amici di Sarnano e Visso e ospitarli per il weekend.

Proprio questo particolare, che parrebbe scontato per chi vive in una località piena di hotel come Rimini, commuove Sara, che lo scrive in un whatsapp a Gianlo: «Sono felice e riconoscente, dormire in un letto vero, in una camera vera. E di non dovermi vestire e uscire in piena notte per andare al bagno. Tutto quello che state facendo è meraviglioso».

È un’onda lunga e potente, che sembra inarrestabile. Basta guardare a chi ha voluto contribuire con donazioni per i premi della “pesca” durante la serata. Luca stesso è travolto dalla generosità di alcuni. Quel bagnino, per esempio, che regala una settimana con ombrellone e lettino in prima fila, ma poi torna e rilancia con tre orologi e tre abbonamenti al parco acquatico. O il pastaio che dona decine di chili di pasta fatta in casa e ringrazia gli organizzatori per avergli dato «l’opportunità di partecipare a una cosa così bella».





















Ma sono gli organizzatori a rendersi conto per primi che sta accadendo qualcosa di molto più grande di quanto avrebbero potuto preventivare. I posti in sala, donata gratuitamente dalla parrocchia di San Giuseppe al Porto, si esauriscono nel giro di dieci giorni, con una lista d’attesa interminabile. In molti, pur non potendo esserci, contribuiscono lo stesso con offerte. E la pesca per raccogliere fondi diventa miracolosa: c’è chi regala weekend in montagna, cene di pesce, quadri… Arrivano birre artigianali, vini, visite dentistiche, buoni per palestre, saune… Alla fine in palio ci saranno cento premi. E il ricavato della cena supererà i 9.000 euro. Compresi i cinquecento euro piegati da qualcuno dentro un porta-fototessera che Zizzo, responsabile dell’accoglienza in sala, si trova tre la mani a fine serata.

A tavola sono in 434, con menù degno di Master Chef. Chi lavora lo fa gratis, alcuni dalle 7 della mattina alle 2 di notte, magari a pelar zucchine. Come Ramona, moglie di Luca. O Linda, imprenditrice di un’importante azienda, che passa la serata del suo compleanno in cucina a lavar stoviglie. E poi ci sono loro, i giessini, che servono ai tavoli e accolgono gli ospiti, impeccabili nelle loro parannanze grigie, con il sorriso e tanta voglia di esserci.

Sono quei sorrisi ad aver conquistato subito Giuseppe. L’amicizia nata tra lui, Tommaso, Lollo e don Claudio, responsabile di GS a Rimini, è l’altra miccia che ha dato vita alla cena di sabato sera. La sua letizia, in una situazione così drammatica, ha incuriosito i romagnoli ed è stata determinante per partire con l’organizzazione. Giuseppe è portavoce dell’Anffas dei Sibillini, un’associazione che si occupa di persone disabili, come sua figlia Paola, che ha voluto conoscere uno ad uno tutti i ragazzi di Rimini e che con la sua simpatia è stata la vera protagonista della serata.





















Giuseppe e i suoi amici, alcuni dei quali presenti alla cena, hanno un sogno: ricostruire il centro diurno per disabili nel loro paese crollato con le scosse. Gran parte del ricavato della serata servirà per una struttura in legno «anti zio Terry», come chiamano scherzosamente il terremoto. «Se per un normodotato la terra che trema è un grande problema, per i nostri ragazzi e le loro famiglie il disagio va moltiplicato per cento», ha raccontato Giuseppe. Il terremoto ha tolto loro i punti di riferimento, rendendoli agitati quando tornano nelle loro case, dai familiari: «I ragazzi disabili sono come un cristallo preziosissimo, con loro ti puoi permettere di essere te stesso, perché tirano fuori il meglio di te. Per questo è fondamentale ricostruire quel centro, per ricominciare a vivere e a far vivere le loro famiglie. Quello che state facendo oggi è quindi davvero prezioso».

Al termine della cena don Claudio consegna a lui e a Sara le buste con il ricavato della serata, con Sara che decide di devolvere al centro di Sarnano mille euro della sua parte. Giuseppe e i suoi amici regalano un quadretto che ringrazia Gioventù Studentesca e Comunione e Liberazione, con questa frase: «Il futuro non crolla e dura per sempre, quello che c’è tra noi non finirà più». «Torniamo a casa stasera con una bellezza nel cuore», conclude don Claudio: «Quando questa accade, è così evidente che ha il sapore dell’eternità». Da una sera, all’improvviso.

(fotografie di Roberto Masi)