Lorenzo Albacete, morto ieri a 73 anni.

Carrón: «Ci ha mostrato come la fede possa diventare "intelligenza della realtà"»

È morto la scorsa notte monsignor Lorenzo Albacete, "pioniere" e responsabile delle comunità del movimento negli Usa. Il messaggio di don Julián Carrón

È morto ieri, a 73 anni, monsignor Lorenzo Albacete. Originario di Puerto Rico e cresciuto in America Latina. Dopo la laurea in Ingegneria a Washington DC e un master in Scienza e Fisica applicata, diventa sacerdote. Consegue la licenza ed il dottorato in Teologia alla Pontificia Università San Tomaso d’Aquino a Roma. Editorialista del New York Times Magazine e consigliere teologico degli Arcivescovi di Boston e Washington, fin dall’esperienza lavorativa negli anni 60 nei laboratori di Washington ha sempre avuto a cuore il tema della frattura tra fede e cultura, discusso proprio in quegli anni dal Concilio Vaticano II, in un tentativo, come raccontava lui, di «gettare un ponte tra il mio mondo della fede e l’umanesimo laico dei miei amici scienziati». Nel 1995, l’inizio di una grande amicizia nell’incontro con don Giussani. L’esperienza nel movimento non fu un restringimento di prospettiva, come all’inizio temeva. Al contrario «mi ha permesso di abbracciare l’infinito».


Alle Comunità degli Stati Uniti
in occasione della salita al cielo
di monsignor Lorenzo Albacete


Cari amici, la vita di monsignor Albacete si compie oggi davanti al volto buono del Mistero che fa tutte le cose e fiorisce nella letizia che sempre vedevamo in lui.

La scoperta di don Giussani aveva così investito la sua vita da fargli domandare di poter servire il Movimento negli Stati Uniti testimoniandolo sulla drammatica frontiera dell’incontro tra la fede e una modernità alla ricerca del significato. È un incontro che egli ha ricercato con chiunque, sfidando l’intellighenzia americana con la sola arma della sua testimonianza di uomo afferrato e trasformato da Cristo nella sua ragione e libertà.

Per questo valgono per il nostro carissimo Lorenzo le parole di papa Francesco nella Evangelii gaudium: «I cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile. La Chiesa non cresce per proselitismo ma “per attrazione”». E indubbiamente la sua attrattiva era tale che appena lo si incontrava diventava amico di chiunque, perché mostrava la bellezza e l’utilità della fede per affrontare le urgenze del vivere.

Con il suo lavoro infaticabile ci ha mostrato come la fede possa diventare «intelligenza della realtà», con una capacità di riconoscere e abbracciare chiunque senza equivoci o ambiguità, per amore del vero che c’è in chiunque. E con la sua sofferenza ci ha ricordato che non c’è circostanza, neppure la più difficile e faticosa, che possa impedire il dialogo quotidiano dell’io col Mistero.

Domandiamo a don Giussani, che lo ritrova ora come amico per sempre, di ottenere per lui quella pace che è il segno di una vita che riposa nell’eterno. E alla Madonna, che monsignor Albacete aveva riconosciuto come colei che gli aveva fatto incontrare don Giussani, di renderlo partecipe del sorriso dell’Eterno.

Preghiamo tutti e ciascuno di vivere all’altezza della sua testimonianza, per raccogliere la sua eredità nella sequela del Movimento dentro la Chiesa.

Julián Carrón

Milano, 24 ottobre 2014