Foto di gruppo nella tendopoli di Sassa Pagliare.

L'AQUILA Grati per un'amicizia che continua

L'ultimo giorno del Meeting dieci ragazzi decidono di tornare in Abruzzo. Vogliono rivedere gli amici conosciuti nelle tendopoli durante l'estate. Per ristupirsi di una speranza che sta crescendo in mezzo alle macerie
Niccolò De Carolis

La stanchezza dopo una settimana di lavoro al Meeting, il campionato che ricomincia con un derby imperdibile, gli esami sempre più vicini. Ma alla proposta dei miei amici non riesco a dire di no: «Perché sabato dopo il Meeting non scendiamo a L’Aquila per salutare i nostri amici delle tendopoli?» Dico subito di sì per quello che quel posto, umanamente, mi ha dato e che desidero ancora riavere. In Abruzzo sono stato dal 9 al 16 agosto a fare caritativa nel campo di Sassa Pagliare, tante amicizie iniziate con adulti e bambini, e una promessa: ci rivedremo presto. Alcuni di loro hanno voluto a tutti i costi raggiungerci a Rimini, altri non ce l’hanno fatta e allora siamo tornati noi. Due ore e mezzo di macchina ed eccoci alla basilica di Collemaggio. Qui Concetta e Gian Carlo ci hanno chiesto di partecipare con loro alla cerimonia annuale della Perdonanza che, dai tempi di Celestino V, permette a chi passa attraverso la Porta Santa della Basilica di ricevere l’indulgenza plenaria. Finita la cerimonia, tutti a mangiare gli arrosticini al campo. Qui ritrovo alcuni bambini che avevo conosciuto, ma non Matteo che mi aveva promesso sarebbe venuto a Rimini con sua mamma, ma di cui non avevo avuto più notizie. Non faccio in tempo neanche a sedermi a tavola che qualcuno mi tira la maglietta da dietro: è Matteo, i suoi amici erano corsi a casa a chiamarlo. Vuole sapere tutto del Meeting, che lavoro facevo, cosa avevo visto, mi dice che aveva seguito tutti i servizi su Sky. Intanto gli altri si sono seduti attorno a Concetta che sta raccontando della propria vita, del lavoro che faceva prima del terremoto, del container in cui abita adesso con figlia e marito. Com’è facile essere se stessi qui e iniziare, così, a esserlo ovunque. L’ha capito Rosalba, insegnante delle medie, che quando la chiamano per partecipare alla riunione del campo ci dice: «Non ho voglia di andare perché si finisce sempre per litigare, e poi perché con voi io sto bene». Poi però ci saluta e va. Ci stava raccontando, commossa, le storie di alcuni suoi alunni, segnate in maniera indelebile dal terremoto. Antonio, il responsabile del campo, e Francesco, un volontario del Cai da due mesi in Abruzzo, cucinano e servono quantità enormi di carne alla griglia e bruschette; è il modo in cui esprimono la loro gratitudine, glielo si legge negli occhi. Sono venuti al Meeting due giorni, dormendo in macchina la notte. Antonio non riesce a spiegarsi cosa possa esserci dietro alla gratuità che ha visto in noi, Francesco ha preso una decisione: «Quando torno a Roma voglio conoscere i giovani lavoratori perché voglio capire, mi ha colpito troppo quello che ho visto a Rimini». Neanche al momento dei saluti la speranza viene meno. Gian Carlo mi abbraccia e mi dice: «Chi poteva pensare prima di quest’estate di incontrarvi, chi poteva pensare una volta che eravate partiti tutti di potervi rivedere... E invece ci siamo rivisti a Rimini e poi ancora qua. Quindi chi può dirlo cosa accadrà?»