«Tutta Sua, tutta Lui.
Altro non mi interessa»

Questa lettera è stata letta da don Julián Carrón durante gli Esercizi degli universitari di Cl. Il libretto con il testo integrale è allegato a Tracce di gennaio.

Carissimo don Carrón, il mio secondogenito, Giovanni, è nato con una gravissima cardiopatia congenita che lo porterà nel giro di qualche anno a un primo trapianto di cuore. A luglio di quest’anno ho ricevuto un’imprevedibile telefonata: era Vittoria, una ragazza di Roma, incinta al sesto mese, aveva appena scoperto che il figlio che aspettava sarebbe nato con una cardiopatia molto simile a quella di mio figlio. Mi comunicava che l’indomani sarebbe partita col marito per Barcellona allo scopo di abortire (in Italia era fuori tempo consentito). Una nipote di Vittoria, che vive a Como e che per bizzarre circostanze conosceva la mia storia, aveva recuperato il mio numero di telefono proponendo alla zia di chiamarmi.
Inizialmente Vittoria non voleva neanche il numero: era troppo doloroso rimettere in discussione la scelta presa e poi era preoccupata per la salute del marito, che in passato aveva avuto una gravissima crisi depressiva. Un inspiegato tarlo l’ha spinta però a chiamarmi all’insaputa del marito.
Abbiamo parlato per mezz’ora circa. Mentre mi raccontava, capivo che la cardiopatia del suo bambino era più grave di quel che lei stessa pensava. Io ho omesso volontariamente di farglielo sapere per non aggravare la posizione del piccolo. Racconto a mio marito di questo ultimo particolare e lui, con decisione, mi dice: «Ma scusa, Giussani ti ha mai nascosto nulla della fatica del vivere, o invece ha scommesso tutto sulla tua libertà? Troviamo un modo intelligente perché Vittoria abbia tra le mani tutti i fattori per decidere». Abbiamo pensato di metterla in contatto con la nostra cardiologa: sarebbe stata lei a informarla compiutamente sulla cardiopatia del figlio. L’ho richiamata per darle il numero e per chiederle di poterla richiamare l’indomani per sapere che cosa le avesse detto la dottoressa, anche per avere il pretesto di risentirla.
Il giorno dopo è Vittoria stessa a chiamarmi; mi informa che è all’aeroporto e che sta per partire per Barcellona. Mi si è gelato il sangue. Lei subito però aggiunge: «Abbiamo comprato il biglietto anche per Alice, la nostra primogenita, si parte tutti in vacanza, non abortisco più». È impossibile descriverti la gioia provata. Le ho detto che ero felicissima che la cardiologa l’avesse tranquillizzata, ma lei prontamente mi ha risposto: «La cardiologa non c’entra nulla. Avevo già deciso dopo la nostra telefonata: tu hai salvato la vita a mio figlio».
Dopo diverse telefonate è nata l’esigenza di conoscerla personalmente, per cui a metà ottobre sono andata a Roma in giornata. Inizialmente io e Sergio, mio marito, eravamo perplessi dato il costo del biglietto e l’impegno che richiedeva l’organizzazione familiare, ma è bastato ci chiedessimo: «Ma quale prezzo siamo disposti a pagare per obbedire a come il Mistero decide di accadere nella nostra vita?». Non ci è voluto molto perché insieme rispondessimo quello che ci ricorda la Scuola di comunità: «Fatto obbediente fino alla morte». Come l’atteggiamento di Cristo verso il Padre è stato l’obbedienza, l’atteggiamento che dobbiamo avere verso Cristo è lo stesso. L’obbedienza definisce l’atteggiamento di Cristo di fronte al Padre. Cristo riconosce, accetta e aderisce al disegno del Padre, così che anche quando il disegno del Padre implica la Sua morte, Cristo riconosce che quella è la strada della Sua vita. Per questo Dio Lo ha glorificato e tutto Gli ha dato nelle mani.
È per questo che abbiamo deciso che io andassi a Roma. A Roma sono stata accolta come una regina. Mentre passeggiavamo per la città ho chiesto a Vittoria che cosa l’avesse persuasa, dato che non mi tornavano i conti: non mi pareva di aver detto nulla di così decisivo. Lei mi ha risposto che l’aveva colpita il fatto che io fossi una donna felice e che con mio marito avessimo deciso di avere altri due figli dopo il nostro Giovanni, che ora ha cinque anni. Lei non si spiegava come fosse possibile che con un figlio così gravemente compromesso avessimo deciso non solo di non abortire, ma di avere altri figli. Semplice - le dicevo - avevamo bisogno di un modo per dire, senza dire, a Giovanni che la vita è buona, ma questo lui lo può capire solo se vede me e mio marito certi di questa bontà. Quale modo migliore se non regalargli dei fratelli? Lei ha aggiunto: «Questo mi ha persuasa».
Dopo aver passato la mattina e il primo pomeriggio insieme, mi hanno riaccompagnata all’aeroporto. Piero, il marito, era incredulo che io fossi andata a Roma solo per conoscerli, sprecando tempo e denaro. Continuava a dirmi: «Io pensavo che tu venissi a Roma per tuoi affari. Invece sei qui solo per noi. Nessuno al mondo lo avrebbe fatto». Io gli ho detto che in realtà c’era una lunga lista di amici che avrebbero voluto essere lì con me, ma che non erano riusciti a venire. Ma vorrei condividere con te un altro fatto, quello decisivo, quello che ha stravolto la mia vita. Mentre mi stavo dirigendo all’imbarco, Vittoria m’ha detto, scoppiando in lacrime: «Non voglio perderti. Tu hai donato la vita a mio figlio». Io ho sorriso, ma avrei voluto urlarle in faccia: «Non io, non io, ma Colui che la sta donando anche a noi in questo istante che ci sta consegnando l’una all’altra!». Ho taciuto. Sorridendo e guardandola negli occhi con una sconosciuta tenerezza le ho detto: «Non piangere!».
Durante il viaggio in aereo, ripensavo a questo fatto, ero rammaricata di non averle detto ciò che pensavo. La sera successiva, studiando la mostra su san Paolo che ho presentato a Bergamo, leggo da una udienza generale del Papa: «Secondo Paolo, la vita del cristiano comporta un’immedesimazione di noi con Cristo e di Cristo con noi. Paolo scrive: siamo stati completamente uniti a lui. Cristo è in noi, Cristo è in me». Finito di leggere ho ripensato alla scena che ti ho descritto e, quasi senza fiato, mi è venuto in mente l’incontro tra Gesù e la vedova di Nain: «Donna, non piangere!», e le restituisce il figlio.
Da allora questo è il mio pensiero dominante: è mai possibile che Cristo si sia così piegato sul mio nulla da rendermi uno con Lui? Ma chi è Costui che ha avuto così pietà del mio niente? Chi è Cristina perché te ne curi? Una poveraccia. E che cosa fa Cristo con me? Ha deciso di scomodarsi per questa povera donna, un niente, un nulla assoluto, che Egli ha deciso di rendere tutto con Lui, un tutt’uno, proprio una sola cosa, gratis. Ma chi è Costui? Dio mio, che gratitudine! Come al solito, l’Amato mi toglie il respiro.
Intanto il piccolo è nato, si chiama Filippo, e da circa un mese è ricoverato al Bambin Gesù. Nel frattempo Vittoria ha conosciuto Paola, un’amica del movimento a Roma, con sei figli. Anche vedere l’amicizia e la letizia di Paola sta dando aiuto e conforto a Vittoria e a Piero. Non so cosa sarà di loro, se mai si innamoreranno di Ciò che ha innamorato noi, ma so bene cosa voglio sia di me: pazza o equilibrata, malata o sana, tutta Sua, tutta Lui. Altro non mi interessa.
Cristina, Bergamo