«Così quel libro scalpella il mio cuore di pietra»

La fatica nello studio, il «no» di una donna e tante domande che bruciano. Fino alla riscoperta del lavoro sulla Scuola di comunità. Ecco come, per Donatello, «quelle pagine stanno diventando una luce in una stanza buia»

Il fatto più rilevante di questo periodo è la Scuola di comunità con Julián Carrón. È molto d’aiuto, e la conferma è che con alcuni amici abbiamo ripreso a divorare il testo di don Giussani come non facevamo da anni. Perché leggere la Scuola di comunità è come accendere una luce in una stanza dove prima camminavi inciampando in ogni oggetto, senza riuscire a vedere niente.
A volte non mi va di farla, mi dico: «Devo ritagliarmi un momento buono per farla come si deve», ma è solo un modo per rimandare. Il disagio stesso è la conferma di come la Scuola di comunità sia utile, poiché viene dal fatto che la vita in superficie sembra proprio una negazione «bestiale» (come dice Cesare Pavese) di fronte alla quale il cuore diventa di coccio. Il lavoro con gli amici e la Scuola di comunità prima di cominciare la giornata, invece, letteralmente limano con uno scalpello quella pietra, perché quello di cui hai bisogno è un cuore di carne. Basta poco, per capirne il guadagno.
E proprio in questi giorni vivo una riscoperta della realtà. La stessa Scuola di comunità, cioè, non basta più e dopo un paio di letture tende a fossilizzarsi, rimbombando in testa come i fagioli secchi sul muro... È grazie alle piccole imperfezioni della vita, come una ragazza che non è innamorata di me, che quelle pagine tornano a limare il cuore.
La realtà è di un Altro. Di questo non ho sempre piena coscienza, è qualcosa che sto cominciando a far mio pian piano... anche per ciò che vivo. Da qualche settimana evitavo la ragazza di cui sono innamorato: non riuscivo a guardarla, mi dava fastidio che non mi cercasse mai. Ci rendiamo conto che un uomo può far finta che la cosa più bella della propria vita non c’è? Tutto il problema sta nel fatto che lei mi ha detto: «No». Per questo, ogni volta che la vedo è un pugno nello stomaco perché io sono “spinto” ad averla, tanto è bella. Ma lei mi ha detto: «No», così tutto mi crolla addosso ed io soffoco. Poi l’altra notte mi sono chiesto: cosa significa che voglio possederla? Quando l’ho sentita davvero mia? Quando ho scoperto che lei era di Cristo. Sembra un po’ esagerato, ma prima di arrivare a dirlo ho sputato sangue. L’altra sera, nel letto pensavo: «Che ingiustizia: non posso avere ciò che più desidero». Poi ho provato a giocarmi nel giudizio, ed è stato bello. Non ho detto: «Ora giudico», ma ho pensato: «Mi trovo in questa storia, qualche anno fa ho incontrato il movimento e questo ha cambiato tutta la mia vita... Ora perché di nuovo questa ingiustizia? È vero quel che ci diciamo?». Ho cominciato ad “urlare” e a chiedere, con l’impeto di un uomo semplice. Non potevo censurare ciò che vivevo. Poi, in un istante, mi sono detto: «Voglio quella ragazza perché non l’ho deciso io: sono fatto per averla e non c’è nulla da fare». Ma quando possiedo veramente qualcosa? Quando so che cosa è. Allora l’ho pensata per un attimo, ho rivisto i suoi occhi bellissimi un po’ impauriti della mia pretesa, e mi si è fatto chiaro che lei apparteneva a Cristo. Ho pensato proprio così: «Forse non posso averla perché c’è solo un modo per possedere le cose. E non è il mio». Ho fatto subito il paragone con altri amici, ho pensato: «Nessuno me li potrà mai togliere, perché?». Il motivo era lo stesso: perché guardiamo la stessa cosa, siamo fatti per la stessa cosa. Siamo di Cristo. Ecco, lì il mio cuore respirava improvvisamente. Avrei voluto correre a casa sua e parlarle: ero libero di guardarla, non so come ma finalmente era mia! Cambia tutto, se cedo a questa evidenza. Persino il modo con cui parlo con mia madre.
Quella ragazza mi è data, al di là di quello che vogliamo lei o io. Se cerco di gestire io la situazione, con pretesa e violenza, soffoco. Che cosa mi può dare una donna? Nulla. Ma lei è un regalo. C’è e non posso non amarla. Non devo fare nulla, però: lei c’è e devo solo imparare ad amarla, cioè ricordarmi che è di Cristo. Ti rendi conto come si guarda una donna quando sai che te la manda un Altro? Dio mio, che liberazione! Sono davvero graziato, sono circondato da persone che mi amano, cioè che sono affezionate al mio destino e non mi molleranno mai anche se fossi l’ultimo imbecille sulla Terra... Per questo, posso dire tutto ciò e non mettermi a sbuffare appena il telefono non squilla. Adesso sì, che posso studiare.
Donatello