«La comunione intorno a me...»

La domanda provocatoria di un amico. La notte in cammino per arrivare a Monza. Nel racconto di un universitario di Milano la scoperta che «quel gesto era per la mia conversione»

Qualche giorno prima della visita del Papa a Milano, un amico mi chiedeva un po’ provocatoriamente perché valesse la pena partecipare alla messa al parco di Monza. Dopotutto, diceva, se il punto è sentire cosa il Papa ha da dire, tutti i discorsi si sarebbero trovati su internet nel giro di poco tempo. «E poi il Papa non viene per incontrare me, io non lo conosco mica personalmente, non è importante per la mia vita».

Un po’ piccato, gli rispondevo che anch’io non ero entusiasta all’idea di andare all’affollata messa di Monza, ma ero certo che l’importante fosse prendervi parte e non soltanto ascoltare le parole del Papa; e che sarebbe stato un gesto di conversione, proprio in un momento come la Quaresima.

Qualche tempo dopo, lo stesso amico mi aveva chiesto se poteva venire con me a Monza, e così con un gruppo di amici venerdì notte ci siamo messi in marcia.

Come mi capita spesso, l’intuizione con cui avevo risposto è stata di gran lunga superata da ciò di cui ho fatto esperienza durante l’arco di tutta la giornata. Se dovessi tentare di riassumerlo in una parola, userei il termine comunione. Certo che l’importante era prendere parte al gesto. Ma perché? Per farmi richiamare da un grandioso momento di vita della Chiesa, stando nel popolo radunato attorno al suo pastore. Questo l’ho compreso davvero solo standoci in mezzo. Mi guardavo attorno, scorgevo in continuazione amici dalle provenienze geografiche più diverse, con le storie più disparate, un gruppo che non avrebbe proprio alcuna ragion d’essere nel suo stare insieme se non fosse per l’incontro con Cristo, che col suo fascino ci ha catturati uno alla volta e ognuno a suo modo. Questo è stato per me il primo motivo di commozione: tale Chiesa che per ore dopo una notte assai poco riposante e una giornata di caldo a tratti feroce stava in attesa dell’arrivo del Papa.

In secondo luogo, uscendo dal parco, restavo stupito a contemplare la folla. Mi chiedevo coi miei amici quanti mai saremmo stati; poi, per caso, ho focalizzato il volto di un bambino, tenuto in spalle da suo padre; e poi il volto della persona accanto, e di quella accanto, e così via. Si stavano svolgendo le battute finali della messa, ed erano tutti intenti a pregare. Allora ho capito: non una folla, ma un popolo. Io non li conoscerò mai, eppure erano radunati lì in virtù di quell’incontro, diverso e identico al mio. Quindi io avevo a che fare con ciascuno di loro. Certo non eravamo conoscenti, ma eravamo in comunione.

Infine, il Papa. Questo è il miracolo della comunione e della Chiesa: attraverso la storia, gli è donata una roccia sulla quale elevarsi e farsi forza. In Francesco ho visto incarnata la speranza del nostro popolo, che perciò lo ha atteso notte e giorno. Allora ci avevo azzeccato a parlare di “conversione”, ma non in quanto rinuncia ad un tranquillo sabato borghese per fare spazio ad un evento religioso, ma perché stare in mezzo a quel popolo maturando nel mio cuore l’attesa del Papa, e poi vederlo, e poi ascoltarlo, e insomma farmi levigare dal suo sguardo colmo di amore e dalla presenza dei miei amici è stato un richiamo alla presenza essenziale di Gesù Cristo nella mia vita; e quindi un giorno di conversione.

Carlo, Milano