Una scena del film.

LA BATTAGLIA DEI TRE REGNI Coraggio, lealtà e onore. Un western "alla cinese"

Raffaele Chiarulli

Cina, 208 dopo Cristo. Il primo ministro convince il pavido Imperatore cinese a muovere guerra contro i regni di Xu e Wu per annetterli all’Impero. E guerra sia!
Un bel film di guerra epico, spettacolare e suggestivo su cui grava purtroppo l’operazione di taglio e riduzione operata - con il consenso dei produttori - per l’edizione occidentale. Troppo rischioso proporre nel nostro Paese una lunga epopea kolossal divisa in due tronconi (seguendo la scia di Kill Bill, Che e Nemico pubblico n. 1), come è stata presentata in patria. Così dei due capitoli originari rimangono solo due ore e qualche scampolo per raccontare una pagina fondamentale della storia della Cina. Il film ne esce squilibrato: ad una prima parte frettolosa, in cui non si riescono a mettere a fuoco i personaggi e gli eventi (con il difetto fondamentale che ci si affeziona più che ai buoni in sovrannumero, al cattivo, un malvagio carismatico che declama poesie) ne segue una seconda molto più comprensibile in cui viene raccontata in gustosi dettagli la battaglia navale combattuta sul fiume Yangtze, più che un corpo a corpo una partita a scacchi, che manderanno in visibilio gli appassionati di strategia militare.
John Woo, che ad Hollywood si era fatto notare soprattutto per il notevole Face/Off (ma di cui è bene ricordare anche l’originale film di guerra Windtalkers), scrive, produce e dirige prendendo spunto da Il romanzo dei tre regni, un classico della letteratura cinese del XIV secolo che raccoglie episodi veri ed inventati a proposito dell’equivalente cinese della battaglia delle Termopili: anche qui - come nello scontro che vide contrapporsi spartani e persiani raccontato da Erodoto - un esercito significativamente meno numeroso ebbe la meglio sui “favoriti” grazie alla strategia e alla conoscenza del territorio. Il genere invece è da intendersi forse come l’equivalente del western classico americano, perché celebra virtù come il coraggio, la lealtà e l’onore e racconta di eroi senza ombre, disponibili al sacrificio e che attribuiscono valore alla vita umana. Così che sul campo di battaglia traboccante di cadaveri, una volta scoccata l’ultima freccia e sconfitto l’avversario, anche i vincitori dovranno ammettere che “oggi nessuno ha vinto”.
I fan del regista si divertiranno a trovare quelle che i critici chiamano “marche autoriali”: la donna come figura salvifica, la colomba bianca annunciatrice di Grazia (che per il cattolico Woo rappresenta lo Spirito Santo), il momento di empasse in cui tre avversari armati si minacciano reciprocamente bloccando l’azione (qui le spade, nei gangster movie di Hong Kong erano pistole fumanti) e perfino una partita di pallone che delizia il cattivo (!), forse memore dello spot della Nike girato da John Woo in un aeroporto ai tempi del Brasile di Ronaldo.

La battaglia dei tre regni
di John Woo
con Tony Leung, Takeshi Kaneshiro, Zhang Fengyi, Chiling Lin.