Un momento del convegno.

MATTEO RICCI Un gigante della fede (e, quindi, del dialogo...)

A Macerata un convegno ricorda, a 400 anni dalla morte, il gesuita marchigiano partito per la Cina. Tra i relatori, con i cardinali Ruini e Rylko, c'era anche Marco Bersanelli (vedi il video), che ha parlato del rapporto tra astronomia, scienza e fede

Carlo Cammoranesi

Anche il segno del Papa nel convegno internazionale “Scienza ragione fede. Il genio di padre Matteo Ricci” che si è tenuto a Macerata, dal 4 al 6 marzo, in una delle manifestazioni più importanti per il IV centenario della morte a Pechino del gesuita maceratese. Benedetto XVI, in un messaggio agli organizzatori, ha infatti sottolineato «la straordinaria opera culturale e scientifica del nobile figlio di codesta terra» e «il suo profondo amore alla Chiesa e lo zelo per l’evangelizzazione del popolo cinese».
La tre giorni, che ha visto la partecipazione di circa mille persone e altrettanti accessi a www.diocesimacerata.it (dove era trasmessa la diretta in streaming e dove oggi continuano ad essere pubblicati materiali di approfondimento), si è conclusa il 6 marzo con la presenza del cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i laici, che ha ricordato come «la memoria di padre Ricci sia viva in modo particolare nella sua Cina, ma anche in altri Paesi dell’Asia, come la Corea», dove la fede cristiana «è arrivata attraverso gli scritti del gesuita italiano». Per Rylko, Ricci è stata una figura di «missionario appassionato e competente» che «ci insegna anche oggi l’arte preziosa di “incidere” le culture con la Parola di Dio che salva».
A tenere la prolusione al Teatro Lauro Rossi è stato il cardinale Camillo Ruini, che è partito dal concetto di “cultura”, intesa come «forma di espressione comunitaria, sviluppatasi storicamente, delle conoscenze e dei giudizi che caratterizzano la vita di una comunità», che ha il suo “nocciolo” «nell’apertura al divino». Il cardinale ha sottolineato che «anche la fede è essa stessa cultura e, inserendosi nelle diverse culture, produce in loro una frattura che è però fonte di rinnovamento». In questo senso l’inculturazione della fede, «che è preferibile ricondurre all’incontro delle culture, o interculturalità», presuppone «l’universalità dello spirito umano e la sua apertura alla verità». Perciò «le esigenze fondamentali sono comuni alle diverse culture».
In questo il cristianesimo riveste un ruolo trainante. Matteo Ricci, che «si è anche servito delle sue conoscenze scientifiche e tecnologiche, ancora pre-galileiane, per accreditarsi culturalmente nell’universo culturale cinese», è per il cardinale Ruini uno spunto per riflettere sull’oggi, in cui «le scienze e le tecnologie sono diventate il più potente fattore di globalizzazione e di unificazione del mondo», anche se «non sembrano capaci di rispondere ai grandi interrogativi sul senso e sulla direzione della nostra vita e dell’intera realtà». In queste materie sembra prevalere un «diffuso relativismo», forse «il problema più grande della nostra epoca».
È stata la volta dell’astrofisico dell’Università di Milano, Marco Bersanelli, che ha svolto una relazione sul rapporto tra astronomia, scienza e fede, sottolineando come l’immagine del cielo accompagni da sempre l’uomo fin dall’antichità: «Non è uno sfondo, ma ha a che fare con la nascita, la vita, la morte dell’uomo. È legato al divino per la sua unicità, vastità, stabilità, senso di ordine e bellezza e per il costante nesso con la vita umana». 100.000 anni luce e 200 miliardi di stelle: sono i numeri che esprimono le dimensioni della nostra galassia, solo una di migliaia nell’universo. Tanti i numeri snocciolati da Bersanelli, uno dei responsabili scientifici della missione spaziale Planck, che hanno affascinato il pubblico numeroso: «L’osservazione del cielo ha segnato profondamente la coscienza dell’uomo - ha notato -, suscitando domande sulla natura degli astri e, al tempo stesso, evocando il suo senso religioso secondo la sensibilità delle diverse culture, tanto nell’antica Grecia come nei cinesi dell’epoca di padre Ricci». Bersanelli ha raccontato che il satellite europeo Planck, lanciato a maggio 2009, sta raccogliendo nuovi dati sulla prima luce cosmica rilasciata 13,7 miliardi di anni fa, ma «questa conoscenza scientifica dell’universo non indebolisce il senso del mistero e della meraviglia che già gli antichi percepivano, piuttosto lo esalta e lo rinnova»: l’immagine dell’universo che emerge dalla cosmologia contemporanea «conserva e approfondisce tutte quelle caratteristiche che, fin dall’antichità, la tradizione religiosa giudaico-cristiana aveva intuito ed esaltato come segni delle caratteristiche del Creatore e del suo rapporto con l’uomo e con tutta la creazione».
Dei rapporti tra Matteo Ricci e la cultura cinese ha parlato anche Franco Di Giorgio, docente di filosofia in un liceo marchigiano ed esperto ricciano, mostrando come il gesuita «aveva una conoscenza esatta delle caratteristiche assunte in Cina» da confucianesimo, taoismo e buddismo.
Mentre la novità del metodo ricciano dell’inculturazione della fede, «primo ponte verso una nuova metodologia della filosofia contemporanea, in particolare nella sua declinazione interculturale», è stata rilevata da Alessandra Chiricosta, dell’Università La Sapienza di Roma e curatrice del testo di Ricci Il vero significato del Signore del Cielo. Chiricosta ha indicato nella scelta del missionario di tradurre Dio con i termini Tian zhu, "Signore del Cielo", o Shang, "Sovrano dall’alto", il tentativo di utilizzare parole che dimostrassero ai cinesi «che i valori cristiani erano compatibili con quelli del confucianesimo», in una cultura che non aveva il concetto monoteistico di Dio.
Viva soddisfazione anche da parte del Vescovo di Macerata, monsignor Claudio Giuliodori, che ha voluto arricchire la ricorrenza di questo centenario con una tre giorni di studio di alto valore culturale, perché «quanto più approfondiamo la conoscenza della statura umana e spirituale di Ricci, tanto più ci rendiamo conto di trovarci di fronte ad un vero gigante della fede e del dialogo culturale. Sorprende ed affascina soprattutto il fatto che il suo pensiero e la sua poliedrica azione missionaria risultino quanto mai attuali e moderni, più legati al futuro che al passato».